Aumenta il numero degli italiani che non si vogliono fare omologare dai partiti. L’”iscritto”, come il cattolico acceso, ha di solito una sola radice: l’invidia, l’arrivismo, l’odio. Sentimenti che producono uomini astuti, “vampiri” che succhiano il sangue dei “diversi”. Il potere vive di miserie, crea miseria pur di perpetuare se stesso. Chi si integra nella politica si inaridisce nel rancore. Chi non si adegua può apparire uno “sconfitto”, in realtà è libero. Nel mondo della letteratura chi si isola è messo all’indice. Così è stato per Pier Paolo Pasolini e per Valentino Zeichen. Qual è la colpa di Pasolini? Di aver scritto: “Il rischio della impopolarità fa più paura nell’intellettuale italiano del vecchio rischio della verità”. Scrive ancora su “Petrolio”: “La malafede è ideologizzata come elemento del modo di essere colti e addirittura poeti. Potere letterario: fine e dichiarato diretto; gestendo contemporaneamente una funzione moralistica, terroristica desunta dal ‘gauchisme’ pateticamente sconfitto”. Adattandosi alla “propria degradazione” l’intellettuale è, secondo Pasolini, “un dissolutore e insieme l’incarnazione di un bisogno inestinguibile di cambiamento… doppio anche nella sessualità, duplice e infemminito”. Chi è questo fantoccio? Siamo alla fine dei partiti, alla fine della loro routine ideologica, nonostante questi prevedano la sconfitta delle varie entità politiche, del Vaticano e di tutte le forze che fanno leva su un’Italia dominata da uno spirito ottuso e arcaico? Potremmo fare della borghese ironia intorno alla sorte di un partito al quale un intellettuale come Pasolini avrebbe dato sui nervi. E ciò spiega il letargo mentale sia della destra che della sinistra, sbeffeggiate da piccoli e medi imprenditori che sin dai tempi di Togliatti sono stati trattati come un’amalgama di cinico egoismo. Facendo grandi riverenze soltanto al grande capitale con il quale i partiti hanno sempre flirtato. François Revel, l’autore di “La tentazione totalitaria”, scrive che il capitalismo è “caduto” soltanto nei paesi nei quali non esisteva. Il consumismo, fase più avanzata del capitalismo, ha mandato all’aria tutte le vecchie ideologie e persino la fede. I partiti non riescono a fare i conti con questa realtà. Si nega; si sta a guardare la sua fine, inghiottiti nella stessa marmellata dove le differenze si annullano. Oggi questi partiti, come ricorda il bel libro di Carla Benedetti “Pasolini contro Calvino”, sono terribilmente egoisti come vecchie biliose e nevrasteniche. Così si spiega il conflitto tra il “sì” e il “no” per il referendum.
Maurizio Liverani