L’ELETTORE RIPASSA LOMBROSO: VUOLE LE BELLE FACCE

di Maurizio Liverani

La curiosità di conoscere i risultati delle prossime consultazioni si restringe in un solo motivo: che faccia avranno i neoeletti? Il volto sarà simpatico, irradierà ottimismo, segnalerà attese di speranza? Insomma, non indurranno alla malevolenza. E’ impensabile che i selezionatori non abbiano tenuto in considerazione l’aspetto dei nuovi venuti. Gli italiani, dopo tanti anni di confidenza, grazie alla televisione, sono approdati, se non proprio a odiare, a dileggiare gli “stanziali” di Montecitorio. La mancanza di qualità si poteva già dedurre dall’espressione del loro volto. Con la naturale tendenza a dissacrare tutto ciò che dall’alto ci viene proposto come nobile, questa volta, secondo gli esperti, siamo molto esigenti. La fisiognomica, in questa occasione, ha un’importanza enorme per cogliere dai tratti del volto le qualità della mente. Ogni candidato sarebbe stato sottoposto, a sua insaputa, alle indagini attente sulle sue propensioni. La prima “qualità” è di essere dotato di quella che in gergo della “furfanteria politica” è così riassunta: “ha scheletri nell’armadio”, nel senso che se ha qualche colpa nascosta, ma conosciuta dall’alta dirigenza, risulta vantaggiosa alla fazione cui appartiene. Un politico che non abbia ascritto sul suo conto qualche marachella finanziaria non è soggetto ad alcun ricatto. Al contrario, avrebbe possibilità di carriera e, se dotato di acume, potrebbe salire gli alti gradi. Entrare nella città democratica è un titolo di merito, ma se accompagnato da questo sospetto il prestigio sarà sempre revocabile. L’elettore, a conoscenza di questo favoritismo illecito, può cogliere già dallo sguardo del candidato un motivo per non votarlo. Negli occhi, secondo gli esperti, questo pollice verso è facilmente decifrabile. Primo compito di ogni partito è di avere, come si dice, la faccia pulita. Un sensibile controllo l’elettore questa volta lo eserciterà con maggior impegno; chi non vota o fa uso di questo “radar” si risarcisce degli inganni subiti disertando le urne. Il degrado è giunto a tal punto da non limitarsi alla semplice indignazione, ma a “bocciare” chi ha tenuto in scacco la sua buona fede. Il comparaggio tra mafia e politica è ormai un fatto risaputo; è un fenomeno già noto da gli anni cinquanta, da allora ha fatto passi da gigante. I giornali finalmente lo denunciano, ma si guardano bene di fare nomi e cognomi. I successi elettorali del dopoguerra sono avvolti dal sospetto, oggi divenuto certezza, che siano stati prodotti attraverso brogli. L’opinione pubblica si è fatta più attenta; è assai probabile che il “non voto” abbia il sopravvento. Il mercato del dubbio e della diffidenza non consente di avere previsioni ottimistiche.

Maurizio Liverani