FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
L’EREDE CHE NON C’E’
La cinematografia posta al servizio di qualcosa a essa esterna, come la morale e la politica, crea film già destinati in partenza al piccolo schermo. A questo proposito va citato Benedetto Croce che nel suo “Breviario di estetica” definisce ciò che arte non è – e cioè morale, utile, religione, politica ecc… – per giungere al concetto in cui il termine “intuizione” è equivalente a “organismo di immagini poetiche”. E’ caduto il grande mito dello “specifico filmico”; stravince il cinema come libro – scriveva Buzzati – di chi non sa leggere. Scendono le quotazioni del critico, salgono quelle del notista televisivo.
“L’arte è la magia sottratta alla vergogna di essere realtà”; la formula di Adorno vale soprattutto per il cinema-cinema. Il primo vero grande artista cinematografico Méliès si entusiasmava alle forme magiche, giochi di funamboli, scherzi di luce, fantocci meccanici, saltimbanchi, truccherie. E’ stato il lontano progenitore di Federico Fellini.
La fisionomia di alcuni aspiranti comici è sempre tremante. Ci si legge la paura di essere piantati in asso. Nasconde un innato senso di colpa dietro una spregiudicatezza ideologica. Soltanto chi riceve dalla natura una maschera invece di un volto può diventare un grande comico, come Totò.
Paragonare Verdone a Sordi è uno “scandalo”. Verdone ha capacità insolite e non vuole trincerarsi dietro lo schermo dell’ereditarietà di nessuno, pur decretando ammirazione per l’attore scomparso; è un autentico spirito libero. Questi parallelismi “so fatti pe’ i micchi”, direbbe Trilussa.
MAURIZIO LIVERANI