Chiunque si accinga a parlare del destino del Paese, si chiede, per prima cosa, la ragione che ha indotto Renzi, Zingaretti e Di Maio ad abbracciarsi in un modo così glorificante. E’ un atteggiamento, questo, tipico di chi ha in animo un progetto molto chiaro. I tre recitano, come attori salariati, la commedia della “nuova” sapienza politica che intendono proporre alla nazione. I tre vogliono soltanto affermare una decisa personalità con una spiritualità inquieta; nulla da rinnovare ma soltanto da continuare.
I più benevoli sono disposti a considerare la prima cittadina di Roma al massimo una gran dama dell’avvenire. Si ha la sensazione che Virginia Raggi (foto) ami essere rimproverata sui singoli provvedimenti purché non si suscitino perplessità e dubbi sulla propria capacità e sull’eloquenza del “personcino”. Le interviste che riesce a ritagliarsi, in virtù della sua amabilità, finiscono sempre per metterla in buona luce. E’ come se fosse sicura dell’aiuto di potenze supreme. Di lei si dice che sia “dotata” di naso, cioè di un sussurro interiore che la spinge a resistere e a stare alla larga dei colleghi del Movimento.
Le parole erano sgorgate facili e fiduciosi dalle labbra di Matteo Salvini dopo il successo della destra in Austria, di cui si ritiene un “sicuro” alleato. La polverosa politica italiana è uscita allo scoperto per recuperare oltralpe un alleato che ha schierato un esercito ai confini tra Italia e Austria. Si sente dire che nelle prossime elezioni Matteo Renzi potrebbe cercare collegamenti anche in direzione austriaca.
Tra i cavali di razza è difficile far razza nei partiti. A Renzi e Zingaretti premono le proporzioni del mito; hanno l’aria di volersi avvolgere in un manto di incorruttibilità. Come ex comunisti di nuovo conio chiedono ai vecchi i risarcimenti perché un patrimonio di ideali è stato sciupato in vane diatribe, in oscure manovre e cupi rancori.
Nel Pd non ci sono più solide posizioni; vi serpeggia ancora un che di burrascoso e provvisorio. Superate le resistenze “interiori”, è sembrato che Enrico Letta volesse uscire dal ghetto degli esclusi nel quale si è volontariamente relegato quando gli iscritti gli hanno preferito Matteo Renzi.
Luigi Di Maio è un commediante di rango; quando si mescola in un “affaire” lo fa sempre con una certa “expectatio”, quella speranza che Dante chiama, traducendola dal latino, un “attendere certo di gloria futura”.
Un magistrato in politica, in una giustizia così com’è praticata in Italia, è un “salto nel buio”; oggi possiamo dire che da lì è cominciato il salto nell’abisso: “tu mi dai na’ cosa amme, io te do na’ cosa atte”, come in “Carosello napoletano”.
Le virtù carismatiche di Eugenio Scalfari si riducono al dato anagrafico. Il pensiero mai manifestato, ma sempre sottinteso, è questo: preferiamo un bel vecchio, alla sua età non avrà ancora voglia di arricchirsi. Per questo è “ipso facto” un padre della patria.
MAURIZIO LIVERANI
Commenti e aforismi tratti dalle opere di Maurizio Liverani e dai suoi recenti articoli