FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
LIBERI E DEPRESSI
Il modo più corretto per ricordare un attore come Giorgio Albertazzi è quello di riferire alcuni suoi pensieri sul teatro contemporaneo del quale è stato maestro. Per la rivista “Il Dramma”, che dirigevo, ricordo di avergli chiesto se nel marasma generale in cui si dibatte la nostra scena c’è qualcuno che si salva. Mi rispose: “Sinceramente devo ammettere che da parte dei giovani c’è molta buona volontà, ma i risultati sono molti limitati, anche perché nell’aria incombe il tentativo di far moda e anche di speculare, sia pure a livello di abitudine e di necessità quasi oggettiva”. “Della moda c’è un solo modo di liberarsi, essere un artista: il vero artista è implicitamente libero dalle mode”. Ricordo che Albertazzi è l’interprete del film “L’anno scorso a Marienbad” di Alain Resnais, il quale, parlando di erotismo cinematografico, mi disse: “L’erotismo è sempre un rapporto con la morte”.
Lo scrittore Raffaele La Capria, autore di “Un giorno d’impazienza” e “Ferita a morte”, ha affermato che è ormai tramontata la repubblica delle lettere. Cose molto giuste, ma si dovrebbe andare più a fondo nell’esaminare questa insofferenza diffusa verso l’intellettualità da cui non va esclusa la responsabilità della politica. Il politico, soprattutto in questi ultimi anni, non ha alcun interesse per il mondo delle lettere. Se ne occupò con grande impegno, nel dopoguerra, attraverso il “reclutamento” partitico.
Nel “Diario di un seduttore passivo”, in uno dei versi brevilinei, lo scrittore Ottiero Ottieri è stato capace di garantirsi un libertà assoluta. Scrive: “Il malato è mimetico / ha il male / che il terapeuta vuole / No. E’ il terapeuta / che cura la malattia / che il malato vuole…”. Ottieri, come il Gassman teatrale, era riuscito ad aggirare i fitti ordinamenti degli “uomini realistici”, così come George Orwell definisce i letterati burocratici.
Scegliere il versante della depressione pur di non adeguarsi al conformismo generale è stata la grande trovata di Vittorio Gassman. Per sconfiggere la malattia, l’aitante attore ha ingaggiato un’incessante zuffa con essa, sempre rinunciando alla guarigione. Fece sua la massima di Blaise Pascal: “Bisogna fare buon uso della malattia”.
MAURIZIO LIVERANI