FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
L’INCONTENIBILE LIZ
(1^ puntata)
Gli attori inglesi shakespeariani hanno sempre avuto il privilegio di entrare nell’orbita delle grandi star. Invece di piegarsi alla volontà e alle esigenze di Liz Taylor, Richard Burton per la più famosa attrice americana non ha rinunciato alla dedizione quasi religiosa verso il nobile superalcolico scozzese. Il whisky ha spesso turbato i suoi rapporti con Liz che vedeva in questo superalcolico una forma di rifiuto, di esclusività che Burton opponeva all’istinto monopolistico e prevaricatore della Taylor. L’attrice si lamentava di venire al terzo posto, dopo il teatro e il whisky, nella scala degli interessi del marito, lasciando del tutto indifferente l’attore inglese. Liz è l’ultimo e rarissimo esemplare di una preziosa famiglia divistica: quella delle attrici che fanno attendere ore e ore prima di presentarsi sul set. La sua favolosa carriera si riassume nel freudiano orrore di presentarsi puntuale al lavoro. Tutta l’aneddotica sul conto di lei è raccolta nei numerosi mariti e nel tempo che ha fatto attendere registi e compagni di lavoro. Burton era stupito che questa mancanza di rispetto verso il mondo che l’ha resa famosa suscitasse tanto stupore. Quando l’ho conosciuto a Parigi si mostrò seccato dell’interesse sollevato dai ritardi della moglie. “E’ la sua allergia. Una volta arriva con dieci minuti di ritardo, un’altra con mezz’ora. E qualche volta non arriva: ecco tutto”. L’attesa, Burton la riempiva con il suo whisky. Per non distaccarsene ha più volte rinunciato all’aereo. Non prendeva l’aereo perché un veggente gli aveva predetto la morte in una catastrofe, ma perché l’aereo, si sa, ammette soltanto un certe quantitativo di bagaglio. E anche rassegnarsi a tasse enormi, la sua capienza ha dei limiti come non ne aveva la sete di Burton. Il suo whisky “personale” rientrava nei suoi imprescindibili diritti ai quali non abdicava per nessuna ragione. Come certi primitivi che, divinizzandola, sfruttavano la donna, Burton era pronto a trattare da mascalzone chi mancasse di rispetto a Liz, ma si è sempre rifiutato di metterla al vertice della sua esistenza. Questi immani flagelli, fatti di lacrime, di grida isteriche, di scalmane che quotidianamente Liz infliggeva ai suoi precedenti amariti, non turbavano Richard. Alle scenate opponeva una resistenza da materasso con aria serena, amabile e indulgente. “Non posso dare importanza ai capricci di Liz”, rispondeva a Vincente Minnelli, sempre preoccupato di perdere, a causa dei ritardi dell’attrice, il supremo istante di ispirazione e creazione. Sul set del film “La strega addomesticata”, Burton centellinava il suo “personale” whisky. Perdeva la calma quando Liz, per fargli montare la collera, gli rammentava la sua calvizie in marcia. Era la sola impertinenza che riusciva a mandarlo fuori dai gangheri. Sul set del film che girava a Parigi, Burton veniva visto come il solo uomo capace di “domare” Liz. La stampa parigina proponeva l’immagine di un uomo di gagliardi appetiti, di abitudini manesche. L’idea che sulla pelle di Liz, Burton potesse aver lasciato qualche livido, ha spronato, per anni, l’estro pubblicitario di chi aveva il compito di lanciare i film che i due super divi stavano interpretando. La trama della “Strega addomesticata” sembrava scritta sulla falsariga del loro rapporto. E’, infatti, la storia di una donna libera di spirito e libera di corpo che vuole vivere al di fuori di tutte le convinzioni sociali. Minnelli me la descrisse come una donna “scombinata, ma anche schietta. Perciò incoerente e inafferrabile. Adora la fantasia, i sogni, la gioia di vivere, intelligente e anti-cerebrale. Una donna tutta natura, irridente, risoluta, capace”. Questi svolazzi agiografici producevano una venatura sarcastica sul volto di Burton, sempre impegnato a porre la moglie in una dimensione, diremo, umana. Per lui, su Liz, è stato scritto troppo e in modo inesatto.
MAURIZIO LIVERANI
(Il seguito al prossimo numero con “La bisbetica domata”)