La morte di Franco Zeffirelli ha addolorato in maniera esorbitante gli italiani tutti. Non scompare soltanto un autore di valore ma anche l’idea stessa del cinema come fonte probabile di nuovi talenti. La fase di attesa del nuovo non c’è più; non c’è più la carica di aggressività volta al futuro e all’intrepida ricerca. Il fallimento professionale di autori che agli esordi facevano ben sperare coincide con il successo dei lottizzati. Grazie alla spartizione partitica la selezione professionale ha cessato di esistere; il meccanismo si è inceppato a causa delle sovvenzioni. Non esiste più la figura del produttore; quelle che ricorrono nei titoli di testa sono degli appaltatori di denaro dello Stato. Chi con il cinema ha ingrossato la “nota spese” pensa sia più vantaggioso investire il denaro pubblico in una squadra di calcio, un ristorante o, addirittura, in una compagnia aerea. In mancanza di talenti nuovi si insiste nel produrre film scoraggianti. La borsa del cinema, come quella degli affari, segna cali vistosi. Il cinema a Venezia conferma l’impressione che sia ormai una cosa vecchiotta, di scarso interesse. Dunque, basta? Tutto è finito con lo sfasciarsi dell’idea di cinema come arte, il ruzzolone del suo angusto prestigio nella pattumiera della storia. Del cinema-arte resta soltanto il ricordo. E’, allora, un errore antico vedere nell’indifferenza dell’italiano la fonte dei malanni dello spettacolo. Lo svilimento di questo cinema pubblico è un bene o un male? E’ un bene se serve a smascherare quel “maledetto imbroglio” in cui più che la competenza conta l’appartenenza. Il pubblico che “non risponde” sa quello che da tempo corre sulla bocca di tutti. Il termine magico che spiega la disaffezione degli spettatori è “scandalo”. Perdonabile soltanto se contribuisse a richiamare pubblico verso film italiani invece di allontanarlo. L’ultimo di grandi sarà sepolto a Firenze.
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Un tenace e sordo ostracismo ha colpito tanti.
La “nouvelle vague” dei cospiratori è elegante, spiritosa, frequenta i crocicchi televisivi.
La viltà dell’intellettualità italiana è nota da tempo ai più attenti osservatori di cose nostrane e vederla esposta alla luce del sole in ridicola maniera non fa nascere alcuna meraviglia.
Attraverso la simulazione per autosuggestione i neo-post-comunisti si credono autentici democratici.
Gli attuali post-comunisti si differenziano dai predecessori perché attribuiscono all’ideologia una funzione mediocre ma elastica.
Dalla “irreversibilità” della forma di governo si arriva alla “irreversibilità” del capo del governo.
Al voto alla libertà di pensiero hanno sostituito il voto all’arrivismo.
MAURIZIO LIVERANI
(Aforismi dai libri “SORDI RACCONTA ALBERTO”, “IL REGISTA RISCHIA IL POSTO”, “AFORISMI SOSPETTI” e “LASSU’ SULLE MONTAGNE CON IL PRINCIPE DI GALLES” di Maurizio Liverani)