L’ITALIANO RAFFINATO AIUTA L’AMORE

di MAURIZIO LIVERANI 
 

Scrive Oscar Wilde:  “Non vi è degradazione del corpo che non debba contribuire a una spiritualizzazione dell’anima”. Sbagliano i moralisti a mettere al bando i grandi lanzichenecchi della guerra dei sessi; per la paura di passare per pornografi persino nel Boccaccio trovano qualcosa di scandaloso. Invece sono proprio scrittori che, attraverso un uso raffinatissimo della lingua, affrontano il tema del sesso e della sessualità portando sino all’ossessione il timore di aprire le porte alla volgarità; parlare con franchezza nel rispetto del pudore. La sessualità si eleva, perde quel sapore di degrado che, ad esempio, certi film recenti le attribuiscono. L’eccesso di liberalismo erotico è nemico giurato dell’amore. Si riacquista l’eleganza di questa funzione aggirando l’aridità agghiacciante della pornografia e virando verso scrittori come l’Aretino noto per l’epigrafe (incerta): “Qui giace l’Aretin poeta tosco; Di tutti disse mal fuorché di Cristo, Scusandosi col dir: non lo conosco”. Il più raffinato italianista è, incontestabilmente, questo Pietro Aretino che porta la lingua italiana al più alto livello di eleganza. Il suo vocabolario è perennemente immerso in uno stile che infrange qualsiasi volgarità. Approda alla narrazione di casi scabrosi che liberano questa attività vitale dal sospetto di essere secondaria, praticabile, ma innominabile. In una coppia dove l’amore ha un valore spirituale, l’ardore può arricchirsi appropriandosi dei “Ragionamenti” dell’Aretino, il solo che sappia usare la lingua dei sensi. Le coniugazioni tra uomo e donna, sono, per il “poeta tosco”, coloratissime: “il cordone nell’anello”, “la guglia nel coliseo”, “il porro nell’orto”, “il chiavatello nella serratura”, “il pestello nel mortaio”, “il rosignolo nel nido”, “il piantone nel fesso”, “il gonfiatoio nell’animella”, “lo stocco nella guaina”, “il vademecum nel verbigrazia”, “il pastorale nella pastinacea”. I veri amanti vanno alla ricerca del piacere con questo linguaggio attinto dalla lingua più bella che esista. Citiamo queste frasi perché l’italiano, per l’Aretino, come dovrebbe essere per tutti, è il più alieno alla volgarità con una dovizia di termini che stimolano l’immaginazione.

MAURIZIO LIVERANI