LO CHIAMEREMO “MICINA”

di Maurizio Liverani

Le sole buone notizie per l’Italia sono venute dall’ Olimpiade di Rio, segno che gli sport, come l’atletica e la pallavolo, sono curati da professionisti e attraggono i giovani, respinti sempre più, anno dopo anno, dal gioco del calcio. Ha inizio un campionato con una bassa percentuale di giocatori italiani. Il Milan, ceduto ai nababbi di Pechino, si chiamerà d’ora in poi “Micina”. Non è una battuta, è una verità che ha ridotto il numero degli abbonati (diecimila circa all’epoca di Berlusconi) di almeno cinquemila unità. Il commissario tecnico della nazionale russa, eliminata in Brasile nell’ultimo campionato, parla di svolta come se i rossoneri in mano cinese avessero già vinto lo scudetto. Fabio Capello (foto), esaltando l’operazione cinese, somiglia, da qualche giorno, a un “trainer-bazar”. Da lui ci sono elogi per tutti, inevitabili quelli per la Juve che si è privata del tanto glorificato Pogba. E’ ormai l’uomo da “supermercato”. Capello, quale professionista di questo sport, assomiglia a un politico: è competente nei giochi di potere. Il suo solo fine è di avere un’anima pubblica, un’anima manifesto. Penetrato con il suo talento, giovanissimo, nel labirinto del mondo del calcio è stato il primo “nazionale” italiano a segnare un gol alla squadra inglese in uno stadio britannico. Da allora si parla di lui solo con elevati pensieri; si è avvolto anche nella malinconia leopardiana quando, alla guida della nazionale russa, è stato estromesso in Brasile. Prima di quella sconfitta volava così alto che si faceva fatica a vederlo come un corpo con scheletro, vasi sanguigni, gangli, come deve essere un umano. Nelle frasi sfuggite a Capello ci sono giudizi avventati per la Fiorentina, per l’Inter; non per il Sassuolo, unica squadra composta da giocatori italiani. L’umore dei tifosi è nero, anzi bianconero. La Juventus ha già venduto tutti gli abbonamenti per il prossimo campionato. Contrariamente a quanto dice Capello, il calcio italiano si “degrada”; sbarra le porte alle nuove generazioni. Parole come “alveari” non hanno più corso, sono destituite di senso. Siamo riusciti a svilire una delle risorse nazionali. A Capello vien voglia di dire “Bravo!” come in un comizio di Petrolini.

Maurizio Liverani