LO SCHELETRO NELL’ARMADIO

di Maurizio Liverani

Il voltafaccia di Sabrina Ferilli ha dato luogo a commenti di questo tipo tra i politici della sinistra: a quale faccia si riferiva, quella poco espressiva che dona al cinema o quella seducente che dona all’eros? La politica è da tempo diventata una cosa poco seria e di conseguenza, con l’avvento di tante donne sul proscenio dei sovvenzionati di Stato, si fa sempre più strada il commento scurrile e qualche volta offensivo. Come se fosse una rivelazione d’oggi, il sondaggista Renato Mannheimer sentenzia che gli italiani sono senza appartenenza politica; nelle sue parole non c’è alcun rincrescimento. Con la morte della politica e i suoi giochi dannosi alle casse dello Stato, il Paese ha guadagnato diversi punti per tornare a essere “sole, mare e gioia di vivere”. Di questo voltafaccia di massa si è avvantaggiato il M5S, non già perché portatore di innovazioni, bensì perché si è fatto interprete della fine della politica, con un’analisi attenta al nord, al centro e al sud. Il nuovo sindaco di Torino, Chiara Appendino, non ha più ragione di attendere il cambiamento della politica di Renzi perché la politica, nel suo insieme, è confluita nel nulla. Al grido “dagli a Matteo!”, il neo sindaco di Roma Virginia Raggi ricorda al premier che “non può fare compagna elettorale e attaccarmi”; ma, dopo aver espresso nel bel mezzo del “varietà”, la frase a effetto si scopre che, come i politicanti di mestiere, ha taciuto sulle sue consulenze, non dichiarate, alla Asl di Civitavecchia. Una regola fissa per fare politica è quella di avere “uno scheletro nell’armadio”. Se nel curriculum questo scheletro non c’è, l’interessato non può aspirare a salire in alto perché non può essere “ricattato”. E’ una norma accettata da tutti e che assottiglia l’ancoraggio agli ideali forti e induce uomini rappresentativi a bardarsi da gran sacerdoti della coscienza collettiva. Fin quando la magagna non torna utile agli avversari per spegnere le sue aspirazioni. L’importante è di far credere come fa la Raggi di non essere mai entrata nell’impoverimento spirituale in cui sono precipitati tanti suoi predecessori, ultimo Ignazio Marino. Per darsi un bello smalto basta, ad esempio, dire di essere favorevoli illimitatamente al “nuovo”. Duole che la “nuova ondata” grillina, già dalle prime mosse, tradisca una somiglianza con gli sconfitti. Attendiamo ancora una espressione di cui i politici fanno sempre sfoggio come “le lancette dell’orologio della storia non tornano mai indietro”. Con questo repertorio di luoghi comuni i vitelloni della politica ottengono il brevetto di rinnovatori.

 

Maurizio Liverani