di Maurizio Liverani
Matteo Salvini ha sottoscritto un accordo con i suoi alleati, ma poi, da indocile testa calda qual è, ha pensato che gli italiani hanno un gran bisogno di un dittatore. Sarà così? La combriccola del suo governo è composta da troppi elementi. Per mettersi sotto i piedi i colleghi si è ricordato, forse dopo una notte di baldorie, che Benito Mussolini è nato in una stagione politica non molto diversa da quella attuale. Per immettersi nel futuro non c’è che un modo: annullare totalmente il passato. “Annulliamoci”, sosteneva il compianto Casaleggio, per coalizzare tutto il malumore che serpeggia da tempo nel Paese. I pigmei politici sono, secondo lo sbraitante Matteo, delle nullità. Stando accanto a Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e persino Silvio Berlusconi si rischia di ridursi a “bacilli virgola”. Un eminente Cardinale sostiene che nel decadimento della nazione c’è anche l’inerzia della Santa Sede. Sarebbe intenzionato a mobiliare altri eminenti e convincere gli sfibrati seguaci di Papa Francesco a immettersi nel futuro con un impeto morale e religioso che faccia dimenticare la disattenzione dell’attuale gerarchia vaticana, intenta, soprattutto, a salvaguardare se stessa interessandosi marginalmente di ciò che avviene nella politica italiana. Da unico e sbaragliante politico, Salvini vede di buon occhio questa inattesa “collaborazione” celeste. Per mettersi al centro delle grandi decisioni, è salito sul trono delle oceaniche adunate. La crisi della destra può essere debellata soltanto sollevando in alto il pugno e minacciando apertamente chi intralcia il capo della Lega. Salvini mal sopportava di essere considerato il cavalier servente di Berlusconi, ma oggi il fondatore di FI è visto non come un condottiero, ma come un santo di villaggio. Di Maio ha la statura politica di un elegante bastian contrario; è simpatico, caruccio, veste bene, ma la struttura, che ha un seguito così vasto, ha bisogno di un trave non di un travicello. La sua ansia di occupare la scena è incoraggiata dalla televisione dove i giornalisti, che da anni occupano Saxa Rubra e via Teulada, si augurano di riuscire a mantenersi sotto lo stesso pergolato. Tutti, in questi giorni, hanno la convinzione di essere diventati, di colpo, pedine trascurabili dell’informazione e non frecce direzionali. Nel campo avverso, due o tre piddini recitano in maniera appassionata la commedia della rivincita, ma la visione delle moltitudini a Pontida fa loro annusare il fallimento. Attendono un leader che ha già preso il largo.
Maurizio Liverani