di Maurizio Liverani
Per impedire un ulteriore degrado del Pd, il più accreditato a ricoprire il ruolo di capo del governo è, al momento, Paolo Gentiloni. E’ qui la specialità della nostra politica: doversi accontentare di quel che passa il convento. Il detonatore è sempre l’odio, impossibile da estirpare da quando la sinistra ha deciso di bruciare i tempi imponendo una “svolta” che cancelli la crescente espansione del centrodestra. In questa fase, più un politico è disposto a farsi notturno dandosi un alone di enigma, più guadagna credito. Gentiloni, interpretando bene la parte della “mezza calzetta” (non lo è), è più favorito in una elezione. In questi mesi ha pilotato il governo senza provocare allarmi; si è dato l’aureola di uomo di sinistra senza l’armatura carismatica di chi è andato a scuola di Marx, annebbiando tutti i “manigoldi” che aspirano al seggio di palazzo Chigi. Rappresenta una zeppa nell’ingranaggio delle ostilità calunniose; nessuno lo ha ancora accusato di appropriazioni indebite né gli viene mosso il rimprovero di essere simpatico a Silvio Berlusconi. La tecnica di additare all’esecrazione una figura di un certo rilievo dello stesso schieramento va sotto la voce marxista “als ob”. Facciamo come “se” noi piddini si sia grandi amiconi; questo è sempre stato il colpo segreto – ma conosciuto da tutti – per illudere la base che “tutto va ben signora la marchesa”. Entrare nel Pd è, invece, come essere assorbiti da un vortice di invidia. E’ stato così, ma solo da poco questa ostilità tra tesserati si “illumina di immenso” grazie alle “trovatine” di Massimo D’Alema e dei giovani iscritti penetrati nel partito, convinti che per farvi carriera si dovesse ricorrere a ogni forma di ostracismo. Sistema insegnato, sin dal dopoguerra, alla scuola delle Frattocchie dove questa tecnica di mettere in cattiva luce figure dello stesso partito è il primo elemento di una personalità per distinguersi ed essere temuta. Per aggirare questo insegnamento leninista si doveva ostentare una falsa amicizia. Per alcuni, soprattutto tra i vip, rispettare gli altri vip è stata, ed è, impresa troppo difficile. Questo verminaio ci porta alla mente il volume di Ennio Flaiano “Soltanto le parole” dove ricorda come Gian Luigi Rondi fosse ora odiato, ora amato dai comunisti. “A volte – scriveva – dicono che è fascista, ma è quello che si dice un po’ di tutti”. “Se lo dicono – precisava – tra loro anche i fascisti quando non sono d’accordo sulle alleanze”. Fatta un’attenta radiografia delle figure più illustri si è arrivati alla conclusione che Gentiloni non è una persona luminosa e, quindi, non irritante. La sinistra, in caso di successo, potrebbe accontentarsi di questo personaggio che nella conigliaia di inimicizie è considerato il “meglio”.
Maurizio Liverani