MA L’AMORE NO…

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI

MA L’AMORE NO…

Le disavventure di Alida Valli fanno riaffiorare alla memoria la storia di Aldo De Benedetti, autore di commedie fortunatissime, condannato al silenzio dalle leggi razziali nel momento più felice della sua carriera quando le sue “Due dozzine di rose scarlatte” conobbero uno strepitoso successo. Nel dopoguerra, il commediografo attendeva, dalla ritrovata democrazia, il posto che meritava. Fu, invece, accusato di essere un autore “borghese” e messo nuovamente al bando. A commento del suo destino di ebreo scrisse una commedia dal titolo sintomatico: “Lo sbaglio di essere vivo”. Anche lui, come Maria Denis, Alida Valli e altri, si infranse contro il muro del conformismo. In quanto ebreo fu colpito dalle leggi razziali fasciste e da quelle non codificate dell’antifascismo. Le dive dei famosi “telefoni bianchi” non intuirono in tempo il “nuovo corso” subentrato alla caduta del fascismo e molte di loro furono depennate dallo schermo. “Non vale la pena di occuparsi di me…”. Con questa risposta Alida Valli spronò l’estro maligno di due biografi i quali, lungi dall’essere scoraggiati dal rifiuto dell’attrice, che  a vent’anni, in “Piccolo mondo antico”, ci offrì un’immagine indimenticabile della sua bellezza e della sua sensibilità, hanno messo in  rilievo le qualità della Valli (nata a Pola come Maria Alterburgher) ponendo, però, in risalto gli aspetti “scandalosi” del divismo fascista e soffermandosi sui suoi molti amori. Il compianto Sandro Bolchi scrisse, al contrario, una rispettosa, nostalgica nota in cui ricorda una domenica del 1942 quando, in un cinema di Fiume, vide “Stasera niente di nuovo”, film in cui Alida Valli debuttava anche come cantante con lo struggente “Ma l’amore no”. Il rispetto del buon gusto non ha risparmiato l’attrice che ha titoli e meriti che vanno tutelati al di là della sua avvenenza. Agli italiani interessava più l’amore romantico di Mario Soldati e Dino Risi, regista e aiuto regista del “Piccolo mondo antico”, ai quali non sfuggì la maschera di sempiterna innocenza della diva, nonostante tante angosce. E’ destino della stampa di intingere, periodicamente, la penna nel calamaio dell’odio e della calunnia. Un velo di blanda tristezza, di dolorosa malinconia adombrò, nel tempo, il profilo di Alida che confidò a Oriana Fallaci: “Darei tutto il successo che ho avuto per aver sofferto un po’ meno, per essere stata amata un po’ più”. 
 
MAURIZIO LIVERANI