MANOVRE E MANOVRINE

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI

MANOVRE E MANOVRINE

Di quale malattia è affetto il Pd? Orecchioni o morbillo? Niente altro che malattie di crescita. Non ricordiamo una stagione politica dei cosiddetti progressisti in cui non si gareggiasse in invidia per conquistare il posto di segretario. Disarcionato Matteo Renzi, ci sono stati tre o quattro piddini che vivono o hanno vissuto in maniera appassionata la commedia del successo; ma dopo qualche tempo c’è chi ha annusato il fallimento. Il riproporsi di un’ala conciliante ne è un sintomo. I vari pretendenti alla segreteria sono affetti dalla sindrome dell’insuccesso: “Ognuno è come Dio lo ha fatto, qualche volta anche peggio”. Le impietose riflessioni hanno portato il Pd a scegliere la via socialdemocratica dopo aver acclarato che il marxismo è un’ideologia inconcludente che sa agghindarsi di iniquità. Nonostante sia ormai accertato il fallimento, gli eredi sono riusciti a sopravvivere grazie alla inerzia della destra che somiglia a una mela sfatta. Il Pd con Nicola Zingaretti resiste grazie ai suoi irrigidimenti mandando con il suo focherello qualche scintilla; manovre, manovrine. Nella tetra cucuzza dei capi è entrato il sospetto di essere caduti nel tranello dei cosiddetti poteri forti che, per conservarsi, si comportano da alleati. I poteri forti hanno interesse che la paralisi politica progredisca. Sembra di essere nel teatro di Samuel Beckett in cui da due vagabondi di “Aspettando Godot” si passa al paralitico e ai due vecchi immobilizzati nella pattumiera di “Finale di partita” e, attraverso una signora immersa sino al collo nella sabbia di “Giorni felici”, si arriva con “Commedia” a tre personaggi chiusi in tre urne funerarie. I piddini somigliano a questi personaggi monologanti e attendono “tignosi” un leader che non arriva mai. Il cattivo umore di Pier Luigi Bersani, passato a guida di “Articolo Uno”, per quanto avviene in casa piddina si legge sul suo volto ma è indecifrabile in quello che dice. Oggi accuserebbe il suo ex partito di improduttività autoritaria. Ciò che rimane dell’antica ideologia sono i sintomi; i capi del partito se ne sono fatti ormai una ragione, ma continuano a servire i vecchi schemi con devozione grottesca. Alcuni soffrono, altri restano attaccati a una pensiero su un piano puramente retorico; come scrive François Revel: “Stimolo emotivo astratto, privo di portata teorica e pratica”. Queste cose sono già affermate in un saggio dal titolo: “Né Cristo né Marx” in cui spiega come le due chiese, la cattolica e la marxista, abbiano deciso, in Italia, di salvarsi alleandosi. Una unione che in pochi anni ha fatto passi da giganti; da semplice minaccia a fatto compiuto. Molti dei gran satanassi del moralismo giornalistico hanno compreso da poco che Bettino Craxi voleva che anche in Italia, come abbiamo più volte ripetuto, si concretizzasse il principio dell’alleanza tra la cattolicità e il marxismo per riaffermare la laicità dello Stato.
 
 MAURIZIO LIVERANI