di Barbara Soffici
Il passaggio di consegne tra Obama e Trump è già avvenuto, con poche celebrazioni e un discorso d’insediamento (interamente incentrato sulla salvaguardia dell’identità americana) che ha destabilizzato i già fragili equilibri dell’ordine mondiale costituito. “Comprare americano, assumere americani”; “restituire il potere al popolo”, alla gente comune; “fermare il radicalismo islamico”, la droga e il crimine: questi sono stati i punti focali di un “discorso” senza precedenti, definito dagli esperti anti-establishment. L’intenzione di Trump è quella di difendere, “proteggere” l’America da ogni irrispettoso abuso. Il quarantacinquesimo Presidente degli Stati Uniti, nel giorno del suo giuramento, ha illustrato la trasformazione che vorrebbe apportare alla sua nazione. Di certo il giuramento di Trump ha rinvigorito le “crisi aperte”: i confronti, sul piano internazionale, sono già iniziati, con risvolti quasi sempre difficili e pericolosi. Tra Usa e Cina sono in corso “tensioni” in campo economico-commerciale (sebbene, secondo il direttore del Fmi Christine Lagarde, il confronto potrebbe non solo danneggiare i sistemi produttivi dei contendenti, ma minacciare la crescita anche del resto del pianeta, con effetti devastanti sull’economia e il commercio globale) e in quello militare, a causa di quelle isole che Pechino ha trasformato “in potenti basi”. Sembra che per contenere la Cina il nuovo Presidente americano abbia pensato a una “improbabile convergenza” con Giappone, India e Russia. Il disgelo con Putin, già dato per certo durante la campagna elettorale, potrebbe avere avvio ai colloqui di pace sulla Siria che si terranno in Kazakistan, ad Astana, il 23 gennaio, dove Trump è stato invitato. Si è vociferato anche di un possibile “faccia a faccia” nella neutrale città di Reykjavik, in Islanda, dove nel 1986 avvenne quello storico incontro tra Reagan e Gorbachev che ha segnato la fine della guerra fredda. Se gli interessi geopolitici prevarranno (i negoziati potrebbero contemplare non solo la cancellazione delle sanzioni imposte dopo l’invasione della Crimea ma anche un accordo per lo sfruttamento energetico dell’Antartico) è possibile che la Russia, come hanno già sollevato i servizi segreti tedeschi, insistendo sull’inutilità della “obsoleta” Nato riuscirà ad incrinare l’attuale sodalizio tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea, con gravi conseguenze per la sicurezza del vecchio continente e anche nella trattativa “Brexit”. Solo pochi giorni fa il premier britannico Theresa May ha annunciato la volontà di accelerare la procedura d’uscita dalla Ue (anche dal mercato unico), paventando, in caso di ritorsioni da parte di Bruxelles (applicate sui “dazi”), anche la possibilità di “diventare un paradiso fiscale”. Con un “hard Brexit”, un’uscita da ogni tipo di accordo di circolazione di servizi (su cui si fonda l’economia britannica), persone e merci, il premier Theresa May intende sottrarre il proprio Paese alla giurisdizione della Corte europea, dimostra di essere in procinto di avviare un’intesa bilaterale con i cugini americani. “Assieme nello splendore”: questo il commento (tratto da un discorso di Churchill del 1941) della May al giuramento di Trump. Per l’Europa, un duro colpo: si riscrivono perciò tutti gli equilibri. Senza l’Inghilterra, il miglior partner europeo della Cina, la Ue dovrebbe rivedere tutta la normativa finanziaria e quella commerciale, ovvero dovrebbe rimodulare tutti i contratti internazionali che si basano, guarda caso, solo sul diritto inglese. Per questo il tedesco Ministro delle Finanze, “falco” dell’austerità, Schaeuble si è schierato per un accordo veloce che permetta alla Gran Bretagna di essere un “importante partner dell’Europa”. Mentre Strasburgo, per costruire una base di dialogo con Washington, ha sostenuto la candidatura del berlusconiano Antonio Tajani (politicamente e culturalmente lontano dalla leadership teutonica), eletto Presidente dell’Europarlamento, guarda caso, proprio il giorno in cui Theresa May ha annunciato una possibile uscita “hard” della Gran Bretagna dalla Ue.
Barbara Soffici