MARX ANTICOMUNISTA

di Maurizio Liverani

Goethe descriveva Treveri come un luogo felice che si segnalava “per la prosperità e per il senso di benessere che par di sentire nell’aria nei paesi ricchi di vigneti”. E’ ricca di antichi monumenti, di belle architetture medievali sulle rive della Mosella; è, insomma, una delle più affascinanti e attraenti città della Renania. Il 5 maggio del 1818 vi nacque il teorico della più grande rivoluzione sociale. La famiglia appartenente alla borghesia benestante non lo aveva privato di nulla; il padre, che era un brillante avvocato alla corte di appello, non contrastava l’ardore innovatore del figlio sperando che diventasse un “poetucolo”. La madre era preoccupata per la vivacità intellettuale del figlio e si augurava che, invece di scrivere il “Capitale”, si sarebbe dedicato a mettere insieme un bel gruzzolo di denaro sonante che lo avrebbe posto al riparo dalle difficoltà della vita. Ancora giovanetto si invaghì della bellissima Jenny Von Westphalen; il suo amore era ricambiato, nonostante l’opposizione dei nobili genitori di lei. Alla fine Karl riuscì a sposarla ed ebbe sempre una moglie solidale anche nei momenti più ardui della sua vita. Il filosofo aveva, però, una natura selvaggia e Bakunin lo deplorava perché lo sentiva “vanitoso e perfido”. Il suo sogno era di rendere migliore la vita dell’umanità. A diciassette anni in un compito liceale scriveva: “…la nostra felicità apparterrà a milioni di uomini, le nostre azioni vivranno e fruttificheranno umili, ma eterne nei tempi futuri, le nostre ceneri saranno bagnate dalle lacrime ardenti degli animi nobili”. Pochi lo hanno descritto nella luce più favorevole forse perché al suo nome è legata un’ideologia, il comunismo, che avrebbe certamente rinnegato. Quella che Marx chiamava il” palazzo delle fate” era una visione valida, soprattutto, per le nazioni altamente industrializzate come Germania, Francia, Inghilterra. In un Paese sottosviluppato come la Russia non avrebbe portato alcun beneficio e si sarebbe tradotta in un incendio, portando al potere politici di second’ordine avidi soltanto di dominio, sospinti dall’odio verso lo zarismo. Il comunismo che abbiamo imparato a conoscere nasce da questo sentimento ripugnante. Con il furore antizarista Lenin riuscì a sobillare le masse; sopravanzato dalla bestialità di Stalin che sapeva risvegliare nella maggioranza silenziosa dei russi l’entusiasmo soltanto con l’avversione crudele verso la borghesia. I passionari non sono mai stanchi di urlare, persuasi della universalizzazione della colpevolezza delle classi agiate. Quando si rese conto che, invece di una nuova democrazia proletaria, Stalin stava instaurando il regime del terrore, Leone Trotsky scrisse il famoso libro “La rivoluzione tradita” e in Messico, dove era riuscito a giungere sfuggendo al Kgb, venne ucciso dai sicari di Stalin. Sono cose ormai note; purtroppo la parte peggiore del comunismo, oltre ad essersi imposta in Russia, ha contagiato i partiti di sinistra europei. Per illudere gli italiani è bastato aggiungere il termine “democratico”; una menzogna per rendere gli scontri parlamentari apparentemente degni di una autentica democrazia. Quello che in questi anni hanno pensato gli italiani è sempre contato poco. Le figure rappresentative hanno molto in comune con il malaffare e anche gli altri partiti hanno preso l’”aria di famiglia”. Lo constatiamo, purtroppo, ogni giorno.

Maurizio Liverani