MATTARELLA: IN PIANTA STABILE

di Maurizio Liverani                

 Una oscura divinazione spinse, tempo fa, Luigi Bersani ha un’operazione di alta strategia: agganciare la Lega in una unica coalizione. Meditava, con questa offerta di alleanza, di scrollare di dosso al Paese tutti i cascami del comunismo e presentarsi all’Italia come il nuovo “trombettiere” politico. Non sopportava che gli venisse anteposto nella sinistra Antonio Di Pietro da quando era stato messo al corrente che nella vecchia destra il magistrato arruffapopolo – autoproclamatosi capo dell’Italia dei valori – era visto come un “prode”. L’inciucio proposto da Bersani somigliava tanto alle trattative tra “furfanti”. I più spericolati vedevano Umberto Bossi fraternizzare con Di Pietro per cercare agganci con l’Italia dei valori. I dati dell’ideologia di Bersani sono sempre stati scarsi. Per alcuni sarebbe di centro, per altri di sinistra, per altri ancora di centrodestra. Per molti, nella sua simpatica figura spirerebbe un soffio, uno zefirino che hanno accresciuto la tetraggine degli altri capataz del Pd che lo consideravano un segretario scendiletto. L’unica cosa certa è che Bersani somiglia, con quel sorrisetto accondiscendente che offre a tutti, a un capretto che si abbevera nel latte della socialdemocrazia; non gli piace la brodaglia eurocomunista. Si avverte che sta sempre riflettendo sul come e sul quando provocare la svolta; compensato da una certa evidente simpatia, c’è in lui un residuo di una grossolanità che può sempre servire in mezzo agli astuti compagni di partito. Si sente che il suo “cerebello” non vuol più stare con i ferri vecchi dell’antico comunismo. E’ accettabile, per lui, un ritorno al centro sinistra soffuso da un fioco idealismo sociale raccolto nel termine “oltre”. Chi vuol capire capisca. Quest’oltre è frutto dello straziante isterismo politico che sottintende ogni forma di compromesso storico. E’ sempre stato chiaro che questa decisione non andrebbe disposta nella maniera immaginata anni fa da Enrico Berlinguer. Bersani preferirebbe –essendo dotato di un bello spirito- autoproclamarsi re di un isolotto dell’Oceania invece di sperare nelle grandi coalizioni. Nonostante sia incline al divertimento democratico, i generali degli altri partiti lo tengono in considerazione. I dispensatori di ilarità dal video non vedendoci chiaro in questa sua scaltrezza lo invitano e gli fanno sciorinare le sue idee; altri lo considerano quanto un manico di rastrello. Non ha suonato il suo liuto sotto le finestre di Silvio Berlusconi attendendo – si dice – che Silvio “faccia fagotto”. Bersani non vuole apparire mai come il capo di un partito comodino; vuole, anzi voleva, il Quirinale. Purtroppo, di “ritratti di antenato” ce ne sono ben pochi; c’è un’evoluzione nei candidati alla presidenza della Repubblica come nei generi letterari. Di certo ci sarà una tumultuosa contrattazione anche tra i democristiani per scovare il successore, quando sarà il momento, di Sergio Mattarella. La scelta dell’attuale capo dello Stato è stata ben condotta. Il personaggio è solcato dalle stimmate della democraticità; può assurgere, in una fase così difficile, al ruolo da tempo assente di capo della patria. Si ha la sensazione che la figura del presidente stia riprendendo l’importanza affievolitasi con gli ultimi esponenti. Mattarella si atteggia, non per vanità, a personalità di prestigio con qualcosa di essenziale per la sopravvivenza del Paese. Il “modello” atteso ha i lineamenti politici e morali dell’attuale presidente. Che si ricicli?

Maurizio Liverani