MATTEO CONTRO IL “RIGOR MORTIS”

di Maurizio Liverani 

Il Movimento 5 stelle tenta di tamponare le falle che si sono aperte subito dopo le prime prove seguite al successo elettorale. Un vero terrore lo tiene in tensione in questi giorni perché gli italiani, che per fare uno scherzo alla classe politica che ci angustia da tempo li hanno votati, stanno ora facendo “marameo” a Di Maio e compagnia. Guardate, sembrano dire, vi abbiamo votato per sapere esattamente chi eravate, se avevate una ideologia o eravate soltanto emersi dalla limacciosa palude di conformismo, di menzogna, nata dalla compromissione convergente di interessi, di forze politiche ormai scolorite. E’ chiaro come il sole che un gran vento di scandali e discussioni sugli intrecci tra politica e mafia doveva avere ripercussioni sfavorevoli sui partiti tradizionali. Insomma, l’elettore voleva scoprire la verità sui grillini e se questa verità possa assecondare veramente il tornaconto dell’Italia. Le prime prove sono state subito deludenti; il vessillifero dei pentastellati sembra un fantoccio che, come un disco usato, ripete sempre gli stessi concetti. Dimostrazione che la sua logica nasce da quel processo che viene chiamato “lavaggio del cervello”. Senza peli sulla lingua, Matteo Renzi, nella trasmissione di Fabio Fazio, ha detto chiaro e tondo che con il M5s non è possibile alcuna alleanza. Governi da solo se è capace di farlo; la realtà è che è inadatto e impreparato. Nel segretario del Pd Martina, che dovrebbe prefigurare la sinistra moderna, incarna, al contrario, la tecnica stalinista di inglobare gli incauti che vorrebbero allearsi con lui. Quando un comunista, o ex, corre dei pericoli sente il bisogno di apparire liberale, socialista, cattolico e cerca di moltiplicare i malintesi sul proprio conto. La diffidenza che si ha anche verso gli ex nasce dalla constatazione che sono un fenomeno irreparabile al punto da non riuscire a soffocarlo pur avendone la volontà di farlo. I più temibili sono gli annoiati, gli assopiti di sinistra; quelli che si ritirano nella tenda dei rimpianti. Spesso tra i delusi si trovano i più facinorosi; per affermare una loro convinzione, pur essendo consapevoli che non è più di moda, passerebbero su un mucchio di cadaveri. Quello che temono è la minaccia della distruzione dello “status quo” indipendentemente se sia buono o cattivo. L’ex vuole che il Paese resti immerso in una insormontabile catalessi. In questa sua tipica specificità, il comunismo, ex o non ex, non si è mai mosso; non si è mai rinnovato nonostante voglia far credere di essere il contrario. Il suo conservatorismo non deriva da sclerosi: è il solo modo per fornire a sé e agli altri un senso di sicurezza e di credere a quello che fa comodo per evitare il disturbo di pensare al suo passato, di accettare le sue lontane vergogne. Insomma, di nascondere la verità. “Ma la verità – dice Reich – viene impiegata solo se serve una determinata linea da seguire”. Oggi, per creare confusione e, soprattutto, per mantenere lo stato attuale basta mettere in cattiva luce qualunque avversario e liberarsi, così, delle proprie responsabilità. Questo è ciò che si chiama “peste psichica”. Matteo Renzi se ne è accorto da anni e non è più di questa mafia rossa; ha il merito di aver intuito in tempo il pericolo. Per lui il Pd è un partito malato che cerca di ridestarsi fagocitando chi vorrebbe condividerne il governo. Questa “commedia” è definita da Jean Baudrillard, nella “Strategia della dissoluzione”, “riciclaggio”. E’ la consueta forma di trasformismo spacciata per vita nuova. Possiamo affermare con certezza che Renzi conosce queste verità e ha scelto di voltar loro le spalle, orientando il suo “bompresso” verso un nuovo liberal socialismo. Dimettendosi da segretario è andato a dire allo sbalordito Fazio che è ormai l’ora di smettere con questa “mascherata” che sta dando all’Italia l’instabilità del “rigor mortis”.

 Maurizio Liverani