MATTEO UNO E DUE

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI 
 

MATTEO UNO E DUE

Siamo ancora una volta pietrificati di fronte al “che fare?”. L’italiano sta scoprendo, ma non ha ancora l’ardore di dirselo, qualcosa di essenziale per questa “svolta” politica. Si è creata una situazione nella quale è riuscito a incagliarsi anche Salvini. La finta democrazia italiana adesso è impegnata a liberarsi del capo della Lega. L’inversione avvenuta prova, ancora una volta, che questa non è una democrazia ma una forma di “malafedocrazia”. Tutti i media cominciano a intravvedere il doppiogiochismo che falserà alla fine la realtà. Matteo Salvini ha escogitato questa formula: qualificarsi ancor più di destra approfittando del prossimo crac della coalizione al potere. L’operazione ha tutti i caratteri del machiavellismo; per qualche tempo, dopo una sconfitta certa, assisteremo a lunghe contrattazioni, perché l’elettorato avrà restituito la maggioranza alla Lega. Sopravviverà chi ci dovrebbe dare un futuro migliore. Il premier per durare più a lungo – visto che la ripresa c’è ma è stentata – muove le pedine dando il benservito a Salvini il quale, in questo momento, è tranquillo perché sa di essere, in questo gioco, un fattore di avanzamento per la destra. Al posto di Conte salirà in sella un altro favorito nel nome del “popolo sovrano”. La scacchiera di Matteo Renzi ha un carattere estroso; contribuisce a tenerlo a galla e gli conferisce il buonumore. Sa muovere la macchina dei governi molto bene al punto da dare esca a un’opposizione che non è l’alter ego della sinistra ma coabita con la sinistra. La finalità dei suoi piani è di costruire il solito giochetto – destra-sinistra – all’interno del suo partito. Quello che resta dell’antica suddivisione partitica si appropria delle briciole dello scontro pur di dare l’illusione di essere ancora viva. E’, la sua, un’utopia ridotta all’osso; con la sua formazione si inserisce nello scontro tra renzismo e sinistrismo-anti. In altri termini, nessuno nel grande apparato mira a cambiare la vita. Umberto Eco ha scritto: “Il potere che ci inquieta è diffuso, un’impresa collettiva e acefala che sta riducendo la libertà di ciascuno”. Disse questo a un convegno su televisione, informatica e telecomunicazioni. Sottintendeva, ma non lo disse, l’urgenza vitale di stare al di qua dell’esecuzione, del disegno del Grande Fratello, di scompaginare i suoi programmi con una “nuova desistenza” o, addirittura, con una “nuova resistenza”; fare in modo che il grande apparato resti solo a gestire il “nulla”. Il prolifico nulla si esaurisce e gli si dimostra che non ha alcun privilegio sopra di noi. All’interno del grande apparato si scannano da soli. Questa impenetrabilità è la forma della nuova dittatura che eserciterebbe la coercizione degli animi da indurre molti a obbedire.

MAURIZIO LIVERANI