di Maurizio Liverani
Le cronache dal Lido ci hanno attestato, ancora una volta, che questa rassegna non ha più alcun significato. La dissoluzione in atto introdotta dai vari governi segnala un vuoto dinamismo, triviale stanchezza, una monotonia impeccabile. L’Italia rischia di essere una colonia; finita ogni speranza di compimento, il Paese divora se stesso con una “lega” al collo. Se la vita non è che una lunga agonia, come sostengono i nichilisti, il festival di Venezia, ne è la sua perfetta rappresentazione. Sa di miracolo lo spettacolo lirico organizzato dalla Fondazione Bocelli a scopo benefico nell’Arena di Verona. Un evento memorabile, affidato non alle solite canzonette, ma ad alcune delle più belle voci liriche; ha fatto spicco una mirabile soprano dotata di bravura e bellezza. Senza questa sorpresa ci sentiremmo tristi come in una stanza vuota; dal grande schermo, dallo sport ci vengono soffi avvilenti. In questa realtà, alla maniera dei moralisti a buon mercato, guazzano gli arroganti approfittatori. Siamo immersi in un’immensa perdita di denaro pubblico cui si sono aggiunti dei ministri che si affidano alla logora regola di divinizzare il futuro che, come dice una nota commedia francese, è “dietro alle nostre spalle”. Con puntiglio messicano, il Leone d’Oro è andato a un film che si intitola, quasi irrisoriamente, “Roma”. Il regista ha inseguito l’istinto creativo e il suo amore per il cinema italiano. Mentre Roma va in rovina, lui rende omaggio alla città ricordando la sua infanzia vissuta in un quartiere denominato come la nostra capitale. Nel mondo la fiducia nel cinema dilaga; ricordiamo come, anni fa, un regista svedese con il suo “Un piccione su un ramo che riflette sull’esistenza” ci invitava a continuare a vivere. L’Italia gode ancora di un grande prestigio, anche se i governanti, con la loro inettitudine, aprono prospettive preoccupanti. Si fa grande uso di sovvenzioni statali; galloni di denaro versati nell’otre del nulla. Si realizzano ormai film per farci stare a casa davanti al domestico video. C’è chi arriva al punto da offendere il grande regista russo Ejzenštejn con la sua “Corazzata Potëmkin”. Soltanto un candido come Pier Paolo Pasolini poteva credere che il mondo culturale italiano fosse pronto all’autocritica. Sono fatti che abbiamo segnalato più volte; fatti che non risalgono né a ieri né all’altro ieri. Potrebbe arrivare il giorno in cui gli animi si esulcereranno. Per il momento, osserviamo questo tempo rovinoso con stupore tragico, accompagnato dall’amarezza di un tempo perduto.
Maurizio Liverani