MERCI, “CHARLIE HEBDO”

di Maurizio Liverani

Sotto l’apparenza esteriormente ironica, nelle vignette di “Charlie Hebdo” dedicate al terremoto di Amatrice, si cela l’angoscia, la commozione e, soprattutto, la rampogna. Ci troviamo di fronte alla tipica invettiva, alla condanna. Alla gogna sono messi quei palazzinari resisi famosi dopo il terremoto dell’Aquila, grazie alle intercettazioni telefoniche nelle quali esprimevano il loro entusiasmo perché, con il sisma, le loro aziende avrebbero ripreso a lavorare a pieno ritmo. “Charlie Hebdo” condanna questi costruttori di edifici di “pasta frolla” che ora hanno causato quasi trecento morti. L’ironia diventa automaticamente un’ accusa. Senza rasentare la polemica aggressiva che molta stampa italiana vi ha decifrato. L’ironia alla  “Charlie Hebdo”,  in questo caso, è un fiore nato per correggere le deviazioni. Quelle figure ricoperte di sugo all’amatriciana sono gli abitanti della città costretti a subire questa tragedia, che prosegue. Non c’è umorismo, né arguzia, né canzonatura, c’è soltanto una civile invettiva; è nata più dal dolore che dal “divertissement”. Ci dà atto di come stanno le cose nel centro Italia; non fa del moralismo, non mette alla sbarra. E’ un sincero avviso agli italiani che nei giorni del sisma hanno inaugurato un Festival cinematografico che costa allo Stato somme che potrebbero essere spese per le città a rischio e, soprattutto, per tenerle meglio. Politicanti superbi hanno bollato la vignetta definendola “schifosa”. Tutti gli italiani che vorrebbero veder travolto questo mondo politico leggono vi leggono, invece, intelligenza e amicizia. La seconda vignetta dice: “Non è stato Charlie Hebdo a costruire le vostre case, è stata la mafia!”. Affermazione che vediamo sottolineata anche da alcuni nostri vignettisti e affermata ripetutamente da illustri opinionisti. Merci, Charlie Hebdo.

Maurizio Liverani