di Maurizio Liverani
L’espressione “ragazza della porta accanto” sembra finalmente logorata dall’uso. C’è chi insiste nel proporre la parola “aurora”, un termine che esiste sin dai tempi di Omero e che fra l’altro esprime un fenomeno naturale e insopprimibile. Noi osiamo chiamare “soave” un volto o un cielo; è una sfida alla moda vigente delle star decorative. Non è il loro un corpo fonte di seduzione e di erotismo; “non infila”, come direbbe Jean Baudillard, “il proprio corpo in una combinazione nervosa e muscolare”. E’ una creatura di Peynet, le figure degli innamorati dell’indimenticabile disegnatore. Nelle silhouettes degli innamorati con la bombetta c’è il rimpianto della donna “angelicata” e insieme votata all’amore; e nell’omettino il desiderio carnale che si fa strada senza rompere l’incanto del sentimento. Il “baudismo” è diventato, in televisione, un fenomeno insopportabile quando ha fuso sesso e amore seguendo la moda dei giornali scandalistici. L’aggiunta del “canorismo” l’ha reso ancor più deplorevole. La retorica dell’amore eterno trova un peggiorativo nel falso sentimentalismo; il cuore esposto in vetrina alla maniera di Morandi ci infonde un senso di noia. Sarebbe necessario tornare a una certa chiaroveggenza e stabilire che le vamp alla Ferilli, alla Marini non vanno più di moda proprio perché sono “corpi senz’anima”. Dulbecco, il premio Nobel, una volta a Sanremo definì questa temporanea fusione un miracolo “genetico”, ma poi aggiunse di essere un errore della genetica e questo errore ne ha fatto una creatura di Peynet (vedi). Peynet non ha paura di mostrare un dente fuori posto, braccine non ben tornite, un’attaccatura dei capelli irregolare. Gli ipercorpi, invece, appena qualche anno fa, erano dei “body simulation” in cui i fondoschiena sembrano una corazzata, una estensione della donna semplicemente tecnica. L’uomo guarda queste bellone con indifferenza; in loro non c’è traccia dell’alterità sessuale e sono state per troppo tempo condannate a incarnare tutte le versioni del sesso, vittime di uno sfruttamento televisivo che ne ha fatto la “parodia di se stesse”. L’uomo le guarda inibito; oltre ad essere iper-sessuate, vogliono apparirci super-cerebrali, come nei salotti intellettuali. Quelle che ci ha mostrato il video fino a poco tempo fa sono apparse ingessate come “cose di carne”, direbbe Giacosa. Una volta il corpo era “metafora dell’anima” poi è diventato metafora del sesso, oggi non è più che la metafora di nulla.
Maurizio Liverani