MOMENTO CRITICO: PASSERA’

di Maurizio Liverani

Emerge un nuovo fenomeno: è molto vivo lo spirito dell’opposizione, ma i partiti che la rappresentano sono sottomessi allo status quo, polemici soltanto a parole. Il governo retto da Giuseppe Conte non ha intenzione di esercitare i suoi poteri che gli imporrebbero di impedire intese tra lo Stato italiano e uno Stato antieuropeista. Meglio, secondo i reggitori di questa che continuiamo a chiamare democrazia, gettare discredito sul Papa insistendo, a volte anche  a torto, sulla sodomia di alcuni alti prelati. Dando spazio a queste indagini si risale nei secoli e si potrebbe scoprire che la “culla” della religiosità ha sempre ospitato questa forma di sessualità conservatasi nel tempo e che soltanto oggi viene portata alla luce con tanto clamore. Per imboccare un nuovo corso meno scandalistico ci sarebbero vari modi, ma si ha timore di perdere ascolti. In questo momento il Paese ha bisogno di riflettere sui suoi guai, invece si sobbarca di quelli del Vaticano. Potrebbe toccare grandi apprezzamenti un libro, quasi sconosciuto, che si intitola “Roma senza Papa” di Guido Morselli, suicidatosi nel 1973, in cui la capitale è vista come un’isola felice, poco misticheggiante, mentre oggi assistiamo a una sorta di corrida ingigantita da tumultuosi telecronisti. Si arriva a fare dell’umorismo sostenendo che i sodomizzatori si abbeverano alle fontane di San Pietro. La previsione è avanzata anche se scherzosamente; mentre quello che accade ha radici serie e profonde. Ripetiamo: è così vivo lo spirto dell’opposizione da tradursi in un atteggiamento tollerante; gli urlatori “ex” polemizzano, ma si guardano bene dal ricorrere a manifestazioni di piazza clamorose. Gli opinionisti del video alzano la voce producendo, però, bassi ascolti. Partiti sempre pronti a esulcerarsi, borbottano qualche dissenso; potremmo attribuire questa decadenza a una sotterranea complicità. Qualche giornale azzarda già delle ipotesi di accordo. Avanza la sensazione che la politica non sia più quella grossa spugna che prima dell’affievolirsi del focherello comunista assorbiva ogni possibilità di dissenso. A leggere le notizie sono sempre più rare le “belve televisive”, ma sono affidate a lettrici dall’aria gentile, estranea a qualsiasi schiamazzo. Colpisce, soprattutto, il tono festaiolo, inidoneo a ogni polemica, da Venezia. Anche al Lido è in corso una diversità; si presentano con ampi sorrisi divi e dive, ma sono assenti i loro film. C’è la festa del divismo, ma non c’è quella del cinema. Questi sono i frutti della spartizione partitica. La selezione professionale ha cessato, non da oggi, di esistere. Lo scorso anno, lo scialo di denaro è andato a puntellare le canzonette, divenute ormai le forme “intellettuali” più diffuse. La televisione ci tiene sempre informati sui valori canori dei cantautori. La borsa del cinema d’arte segna ribassi vistosi. Ma non c’è da preoccuparsi: questo è un andazzo prescelto dalle classi dirigenti dopo che la grande cinematografia ha preso le strade di altri festival. Sintomi non incoraggianti che possono essere smentiti, recuperando gli antichi fasti.

Maurizio Liverani