NECROLOGI IN ANTEPRIMA

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI

NECROLOGI IN ANTEPRIMA

All’annuncio fatto da un famoso clinico che sarebbe morto nell’arco di due mesi, Carlo Mazzarella, per niente affranto dalla notizia, si preoccupò del necrologio che i giornali avrebbero fatto. Cominciò dai maggiori organi d’informazione pregandoli di scriverli con forte anticipo sulla sua fine. La prima raccomandazione fu: “non risparmiate sugli elogi”. Poi, accompagnato dal figlio adottivo, un giovane di origine africana, fece il giro delle varie redazioni; alcune descrizioni della sua vita, della sua attività di cronista televisivo gli sembravano brevi e non adeguatamente addolorate. Chiese di correggerle; fu accontentato perché era una persona veramente simpatica e intelligente. Sulla scia di Mazzarella si pose l’attore inglese Peter Sellers allorché un attacco cardiaco lo portò alle soglie dell’aldilà. Dopo lo scampato pericolo, con piglio generalesco, andò nella redazione di un grande giornale britannico e pretese di leggere il necrologio che era stato preparato nel caso che il male avesse avuto l’esito meno gradevole. Gli dissero che non era stato scritto. “Non è vero”, insistette Sellers fingendosi esasperato, “so che nei giornali si scrivono necrologi per quelli che si crede debbano morire. Gradirei leggere che cosa avreste pubblicato se io, malauguratamente, non ce l’avessi fatta”. Trattandosi in fondo di un elogio, il direttore del giornale acconsentì a farglielo leggere, “Considerate che faccio un’eccezione”. “Ma è anche un’eccezione che un uomo resusciti”, replicò Peter. Cedendo all’incrollabile ostinazione dell’attore, l’articolo spuntò da un cassetto. Sellers cominciò a leggerlo ma, improvvisamente, trasalì: “Un necrologio così breve!”, fece agitando in aria il foglio. Il direttore si giustificò spiegando che per scaramanzia non era stato ancora portato a termine. “Un’altra volta”, disse celiando, “scriveremo un bel necrologio lungo lungo”. “Mi raccomando”, replicò Sellers, “non lesinate in elogi”. “Fidatevi di noi”, al che l’attore ricorse alle consuete contromisure per allontanare la iella. C’è da dire che per anni la paura è stata la maggiore afflizione di Peter Sellers. Svestita l’uniforme dell’aviere della RAF, aveva fretta di sistemarsi, di guadagnare. Con una confusa telefonata, fingendosi un uomo molto importante, raccomandò se stesso per una scrittura alla radio. “Ho sempre avuto fiducia nella spintarella da quando ero sotto le armi”, mi disse. Nel giro di poco tempo diventò uno degli attori più richiesti come caricaturista nelle commedie satiriche, avendo le stesse  qualità di Alec Guinness, l’attore a lui più vicino. Sellers era un intellettuale, ma cercava di nasconderlo conoscendo la diffidenza che gli anglosassoni hanno per questa categoria. Riuscì a “spogliarsi” della paura quando si invaghì di Britt Eklund di vent’anni più giovane. Britt era l’adolescente donna, la sola che conservava un alone di fascino per l’uomo maturo come “sancisce” Nabokov con la sua “Lolita”. “La mia resurrezione di uomo e di attore dipende da Britt”, ammise, “senza di lei non so cosa avrei fatto; mi sarei lasciato vincere dalla paura”. La paura di non arrivare, la paura di non restare in sella al successo dopo averlo raggiunto.

MAURIZIO LIVERANI 

(nella foto, con Maurizio Liverani, Peter Sellers e Britt Eklund)