NELL’APPARTAMENTO RITORNA IL TEATRO

IN SCENA CON “TI LASCIO UNA POESIA”

Una delle costanti nel teatro di Silvio Benedetto è la bellezza, il mistero, l’ambiguità dell’immagine; fascino scenico che non scaturisce soltanto dal suo essere pittore, ma anche dalla sua sapienza di regista nel giostrare, nel far convivere, i diversi linguaggi scenici: il teatro d’immagine, per l’appunto, il linguaggio del corpo, l’importanza degli oggetti, l’uso del testo sia rispettato che rivisitato ed un particolare uso della parola che non esclude le diverse articolazioni di essa, compresi inserts di altre lingue e di dialetti e significativi fonemi ad interrompere altrettanti significativi silenzi.

Tuttavia in questo nuovo allestimento del Teatro negli Appartamenti (che, ricordiamo, Silvio Benedetto porta avanti sin dagli anni ’50 quando ancora viveva nella sua Buenos Aires) la regia, sempre del maestro italo-argentino, destina ampio spazio alla parola come un necessario “climax” per dar luogo alla poesia. A proposito di poesia, da sempre questa forma letteraria è stata assai privilegiata da Benedetto, il quale ha inserito nei suoi allestimenti poesie di autori latinoamericani (spesso in lingua madre) come Neruda, Borges, Lorca, Paz, Taleti, Lavia, di autori europei come Hofmannsthal, Pessoa, Leopardi, Guglielminetti, Sisti, Mannino, Sacco, Geraci, D’Angelo, per fare solo alcuni esempi, e non di rado testi di Silvia Lotti e dello stesso Benedetto.

“Ti lascio una poesia” è il titolo della nuova opera che si sviluppa con agile equilibrio su due linee parallele, lungo un binario che – sul tema dell’“attesa” (il soggetto amoroso e le sue angosce, il delirio e l’allucinazione, l’immediatezza del desiderio e il languore) – confronta il dire e l’agire degli attori con quanto tutto ciò suscita negli spettatori..

In questo impianto scenico si collocano gli inserts poetici: in determinati momenti, attraverso un suggestivo cambio luminico, una figura in penombra recita una poesia, poesia che poi viene anche materialmente consegnata ad uno spettatore tramite un foglio manoscritto, come a suggellare il titolo dell’opera; anche la parola scritta assume dunque una funzione scenica: e non certamente solo attraverso il “dono” di questi messaggi cartacei, ma anche sottoforma di frasi inserite a grandi caratteri sui muri come installazioni, nonché per mezzo di epitaffi o sentenze o commenti denominati “tavolette” che vengono lette (Alessandro Tranquilli) durante l’azione scenica a sottolineare o contrastare l’azione stessa.

Un altro inserimento è quello di una giovane attrice (Selina Vilardo) che vuole recitare, a mo’ di provino, un monologo (…verità o finzione?) al regista e, benché quest’ultimo le segnali di non essere solito prediligere questo particolare tipo di approccio con gli attori, la giovane insiste creando un grazioso tormentone.

A “condurre” gli spettatori – sempre vicini, quasi in un vis-à-vis con gli attori – sul filo della voluta ambiguità tra il piano del reale e la recita: Silvio Benedetto e Silvia Lotti.

Alla fine della tradizionale cena con gli attori, Luisa Sisti farà ascoltare alcuni suoi testi.

Sempre per poche persone e solo per prenotazione al 339 6950783: appuntamento in strada davanti al portone di Lungotevere Flaminio 62 alle ore 20.30 sabato 27 ottobre e sabato 3 novembre 2018.