di MAURIZIO LIVERANI
Chi ha in mano le leve del potere si accorge di essere boomerang di se stesso. Come si fa ad annunciare che l’Iva non aumenterà mentre, nello stesso tempo, il ministro dell’economia annuncia che ciò avverrà. A furia di gomitate, i ministri seminano inciampi sulla strada dei loro colleghi. E’ inevitabile che il governo scivoli nel discredito di tutto il resto del mondo politico che non ha difficoltà a considerarci un branco di pagliacci. Era rientrato in scena, con gran clamore, anche Beppe Grillo urlando e insultando come nei pugilati tratti dalla commedia dell’arte; adesso si è di nuovo obnubilato. Per ora la novità è che la politica condotta in questo modo è pura zavorra. Se per anni i partiti non sono stati che gigantesche botteghe aperte ai saccheggi, la responsabilità è della Costituzione che ha sostituito alla dittatura di un solo partito quella di non più di tre o quattro per i quali, prima delle scelte di fondo, viene il bottino. Gli italiani si sono ormai assuefatti all’indignazione rendendo feroci i contendenti di questa guerra civile combattuta senza risparmio di colpi. Anche gli stessi “anchormen”, che dovrebbero portare i cittadini a orientarsi, partecipano alla carnevalata. Usano male lo strumento televisivo; ci si è accorti che, invece di chiarire, accolgono soltanto insinuazioni e insulti. Gli show politici sono emanazioni dei partiti; incredibilmente, in ogni trasmissione si coalizzano contro chi consente loro di sopravvivere. Chi segue da vicino queste diatribe, innervosito dall’intrusione del conduttore, è assillato dall’interrogativo: “Chi c’è dietro?”. A questo punto la polemica, non essendo argomentata, prende i connotati della barzellettistica. Il cervello dei commentatori formicola di empirismo, di elasticità tattica; chi, per sostenere Salvini in urto con Di Maio, entra in un gioco di spinte e controspinte che annunciano tempi duri per gli alleati al potere. Da una parte si canta vittoria dall’altra si preannuncia tempesta. Dallo scontro di queste due forze trae vantaggio il premier Conte il quale sembra provvisto della fiducia secondo il detto: “Tutto va ben, signora la marchesa”. In questi casi il fortunato Conte si rifà all’antica esigenza della rinascita della speranza. Non ci vuole molto a capire che la nazione, senza la speranza, è in pieno sfacelo.
MAURIZIO LIVERANI