NOI E I FRANCESI

di Maurizio Liverani

La catastrofe nel centro Italia ha prodotto conati di angoscia nella popolazione. L’indifferenza morale dei politici ha colto subito il pretesto per dar vita all’insulto, alla colpevolizzazione di chi in questo momento governa. Tutti a Montecitorio hanno una versione di parte pur di sopprimere l’altro come vogliono fedi e partiti. Si tratta di una forma di nichilismo che ha permeato la nazione di una sorta di qualunquismo civile. Gli italiani sono trattati, come dice Aldous Huxlej, da “carne da televisione”. Al nostro nulla semplificatore si contrappone, ad esempio in Francia, un “nulla” annunciante, come sostiene Edgard Morin, un “prolifico e poliedrico futuro”. In Francia, in sostanza, la nozione del nulla non riduce a simulacro, a fantasma le figure più illustri; questo accade perché i filosofi francesi si adoperano per edificare una morale puramente umana. Sin dai tempi di Mitterand si contesta la soluzione cattolica offertaci, da noi, in nome di una dignità che per abitudine accoglie il trascendente. Tutte le nostre impalcature politiche implorano il sigillo dell’autenticità. Un cervello francese avverte più agevolmente il lato vulnerabile di questo vuoto ma non si lascia inghiottire dalla negatività. Più avvertiti di noi, soprattutto dalle élite intellettuali, negano il “principio della fine”; per loro l’umanità è condannata alla durata nella più piatta e noiosa ripetitività. Secondo la nota legge di Marx, gli avvenimenti storici si riproducono in chiave di commedia. In Italia, dietro anche un fatto tragico, senti il geniaccio del burlone e della presa in giro che annuncia rinascita e ricominciamento. E’ quanto ci rimprovera Jean Boudrillard il quale irride le nostre paure. Sostiene che l’equilibrio del terrore ha sospeso, poi rimandato definitivamente l’evento finale; la storia stessa con tutte le sue guerre, le sue catastrofi è interminabile, noiosamente.

Maurizio Liverani