NON AMAVA IL TEATRO DEL CALCOLO

di Maurizio Liverani

Il modo più corretto per ricordare un attore appena scomparso come Giorgio Albertazzi è quello di riferire alcuni suoi pensieri sul teatro contemporaneo del quale è stato un maestro. Per la rivista “Il Dramma” che dirigevo,  ricordo di avergli chiesto se nel marasma generale in cui si dibatte la nostra scena c’è qualcuno che si salva. Così mi rispose: “Sinceramente devo ammettere che da parte dei giovani c’è molta buona volontà ma i risultati sono molto limitati, anche perché nell’aria incombe il tentativo di far moda e anche di speculare, sia pure al livello di abitudine e di necessità quasi oggettiva”. “Dalla moda c’è un solo modo di liberarsi, essere un artista: il vero artista è implicitamente libero dalle mode. La politica arriva al cinema e al teatro per vie traverse. Con le sovvenzioni, con i premi, col denaro; quindi la coercizione politica è difficilissima da cogliere nel suo aspetto reale, non si mostra neanche a viso aperto. La sua presenza è sempre indiretta. La soluzione a tutto questo potrebbe essere prendere una macchina da presa e farsi le cose in proprio, per quanto piccole e difficili. In questa materia la posizione del cinema è identica a quella del teatro dal quale, proprio per questo, io sono venuto via”. Ricordo che Giorgio Albertazzi è l’interprete di “L’anno scorso a Marienbad” (foto) di Alain Resnais, deceduto da poco. Parlando di erotismo cinematografico mi disse: “L’erotismo è sempre un rapporto con la morte. E’ una parete contro la quale urta la sessualità; al di là della quale vi è il tentativo di perpetuarla nel tempo. In campo cinematografico il vero erotismo è molto raro, fra gli autori italiani poi è pressoché sconosciuto. Nel panorama del cinema attuale l’unico autore veramente, completamente erotico ed erotologo è Buñuel, che non è italiano. Ho visto con la morte nel cuore “Satyricon” di Fellini. Federico è un grande artista ma non ho capito il suo ultimo film… come visione dell’erotismo mi sembra che siamo sempre alla Saraghina. Non ho capito cosa abbia voluto fare al di fuori della realizzazione di una favolosa bellezza dell’immagine, di una bellezza ridondante e roboante”. Albertazzi è morto con il risentimento verso il teatro del calcolo, dell’astuzia e dell’inganno. Non ci resta che rimpiangerlo.

Maurizio Liverani