NON SIAMO INGLESI

di Maurizio Liverani

Durante la guerra, in Gran Bretagna i politici impegnati nel conflitto erano lusingati di essere sberteggiati dalla satira. E’ durante quegli anni che nacque la Fiera delle vanità; una cura necessaria per chi, artefice di imprese gloriose, veniva caricaturato da scrittori come Evelyn Waugh che con “Una manciata di polvere” e “Sempre più bandiere” metteva in luce grottesca gli sforzi bellici della buona e alta borghesia anglosassone in piena guerra mondiale. Gli inglesi, tra un bombardamento e l’altro, si dilettavano con le buffe storie dell’autore del “Caro estinto” che da noi sarebbe stato trascinato davanti a un plotone d’esecuzione. Si riconoscevano nella derisione delle loro virtù di cui sono sempre stati tanto fieri. L’humour si concilia con la democrazia. Chi si indigna, diceva Nietzsche, è un bugiardo. La satira italiana rende furioso il politico italiano. La disistima del nostro popolo verso la politica è totale; non ci vuol molto a condividerla, basta guardare la televisione. L’indesiderabile, l’insopportabile si espandono nel nostro Paese come sotto il fascismo, ma con una sottile differenza: la mormorazione, la battuta satirica, la rappresentazione comica erano tollerate. Oggi, il regno della burocrazia plebea, con capoccia molto astuti nel darsi lo sgambetto per ragioni di potere, rifiuta, anzi censura persino gli aforismi. A proposito di un onorevole in auge, Mino, Maccari non potrebbe dire “Ha poche idee, ma confuse”. Ennio Flaiano non potrebbe replicare “Aiutiamo i ceti agiati, ci sono già troppi poveri”. L’operaio non è più  rivoluzionario; più cade in miseria più cade in rassegnazione, come vuole la Chiesa. Chi dispone dei mezzi materiali fa appello alle classi povere affinché tengano viva la speranza. Marx ha scoperto soltanto il processo economico dello sfruttamento, non quello della sottomissione. Ai suoi tempi non esisteva la psicologia-scientifico sociale. Si avvertono sintomi di ribellione contro le istituzioni e le autorità dello Stato. I politici pensano di contenerli riducendo di pochissimo i propri compensi, mentre la tv si ostina a proporre costosi e fatui intrattenimenti. Si approfondisce la divergenza tra “potere” legale e “potere” reale. Tutte le autorità, soprattutto quelle ecclesiastiche, cercano di rinsaldare la fede nella speranza; si diffonde la paura che l’italiano divenga sempre più scettico, apatico e faccia sua la frigida sentenza di Samuel Beckett: “Nulla è più reale del nulla”. Ed è per queste ragioni che la comicità, anche sul video, non è più mordente. I comici attuali sono cip, senza arguzia.

Maurizio Liverani