di Maurizio Liverani
E’ accresciuta, quasi inaspettatamente, l’avvedutezza e la sagacità politica da parte di milioni d’italiani. Questo fiuto del vero e del giusto si è risvegliato dopo un lungo tempo di disinteresse, unito all’ antipolitica alimentata da molti organi dell’informazione ai quali bastava rispettare la consegna di adattarsi alle direttive dei padroni del vapore. Il gioco dei favori e delle complicità reciproche è sempre stato ben noto al lettore; ben noto e sopportato. Una stampa riparata dallo scudo dei potenti e che riteneva l’italiano ateo in politica, come lo è il finto credente in religione. Con scorno di questo potentato, incombente sull’Italia da decenni, i cittadini hanno deluso le speranze di quanti, nelle stanze dei bottoni, si illudevano che avrebbero scelto, anche questa volta, il “non voto”. L’insofferenza per la politica sulla quale contavano molto è d’improvviso cessata. Quelli che spesso si sono astenuti hanno dichiarato guerra aspra proprio all’astensione. Si direbbe che l’elettore si sia deciso a rimboccarsi le maniche e dare una mano al politico che predilige. Il malessere diffuso nel Paese ha partorito la convinzione di andare alle urne per debellare tanti nemici, usurpatori del potere. La paura animale, viscerale contro la cattiva politica camuffata e dichiarata ha ridestato lo spirito di lotta. Con tristezza, dobbiamo constatare che il consenso ha premiato uomini di caratura politica molto bassa. La personalità non ha messo il suo sigillo sul viso del leader Luigi Di Maio; non ha l’alta marea del genio, ma potrebbe essere un buon premier. Finge talmente bene l’autorevolezza che ormai la prova. Un brusco incontro con la verità, l’elettore speranzoso lo fa spesso con Matteo Salvini al quale, nonostante la testa d’uovo, è riuscito facile imporre una certa egemonia padana. Con questo alleato Silvio Berlusconi sta malvolentieri, ma ci sta; si accontenta del suo attivismo. Silvio è un uomo affetto da molte qualità, ma anche da un allarmante cinismo. Le sue scelte sono l’espressione di un temperamento vivace; non ama esibirle perché il Kgb giudiziario lo stecchirebbe. Stimerebbe Ernesto Rossi, liberale di sinistra. Un essere che oggi sarebbe prezioso. Al suo confronto i ducetti attuali sono ragazzotti ancora impulsivi; pigmei, nel migliore dei casi arrivisti vanitosi e snobisti camaleonteschi. Da politicanti concepiscono la politica come intrigo e fonte di guadagni personali. Sono quelli che vorrebbero costituire il ceto egemonico. Si ha spesso la sensazione, con loro, di andare incontro a un pavone e di imbattersi in un fringuello marino. L’elettore ha intuito l’insufficienza di un processo di chiarificazione in un Paese in cui la politica è sempre stata decisa dalla vetta. Oggi, finalmente, confida soprattutto nella fine della propria apatia. Più o meno apertamente si sono detti: “quello che ho creduto sino ad ora è la nostra fotografia; non sputiamoci più in faccia!”
Maurizio Liverani