NOSTALGIA DI MARILYN

di Maurizio Liverani

Il malore che ha colpito il simpatico produttore cinematografico Cecchi Gori ha portato, con una velocità da gara, al ridestarsi del ricordo delle affascinanti donne che hanno accompagnato la sua vita. Da un dramma toccante ci si è abbandonati a visioni al centro delle quali è lo spettacolo di Valeria Marini, di Rita Rudic e, di conseguenza, alla tornita soavità di Marilyn Monroe. Un transfert impensabile. Risalta l’immagine di Marilin Monroe mentre sorride al fotografo mostrando gambe, fianchi, scollature rovina uomini; un ritorno al passato che va sotto il nome di “nostalgia di Marilyn”. Agli anni in cui regina incontrastata di bellezza era lei, la Monroe, lo “stradivario del sesso”, definizione di Norman Mailer; in Italia trasferita a Valeria Marini. Quasi a voler fare un raffronto, le reti televisive dovrebbero intensificare in serie tutti i film della diva americana la cui fine è ancora avvolta nel mistero, mentre il suo fascino è incontaminato. L’indimenticabile interprete di “A qualcuno piace caldo” incarna, appunto, il boom della nostalgia degli anni cinquanta, quando dalla maggioranza silenziosa dei piccoli bungalow americani, sparsi qua e là nei quartieri modesti, spuntavano fuori, ogni tanto, grandi bellezze. Dopo Marilyn, Valeria Marini è diventata l’eco di quella diva che qualcosa di vulnerabile e indifeso ha spinto il pubblico ad amare e a capire. Di Marilyn, Valeria non ha certo la vulnerabilità; in comune c’è un distacco, un’ironia e, diciamo pure, una pulizia che la salva da qualsiasi volgarità. Il suo viso chiaro piace ancora alla gente; la soubrette fa parte di un mondo idealizzato, quello stesso cui apparteneva Marilyn, figurazione del “sogno americano”. Sui cartelloni Valeria fissava, fino a qualche tempo fa, la giovinezza e la speranza: era il “sogno italiano”. A un padre che in un film la rimproverava di sposare uno dei suoi figli per i soldi, Marilyn rispondeva: “Non sposo per i soldi, ma mi fa piacere che i soldi ci siano”. Forse offesa dagli uomini, prima di morire scrisse: “sento la vita venirmi più vicina, quando tutto quello che desidero è morire”. Anche nello sguardo di Valeria c’è un granello di soprannaturale, non appartiene, però, alla “civiltà” di seduzione propria di Marilyn. Il suo temperamento non si è irrobustito nella miseria e nello squallore. Marilyn era sempre in prima fila nello scandalo; nei suoi anni “andavano di moda” i Kennedy e gli Arthur Miller, tutta gente uscita dalla zecca di alti studi. Un riverbero di Marilyn doveva venirci proprio dal male che ha colpito Cecchi Gori; per assurgere ai fasti del glamour a noi mancano i Kennedy.

Maurizio Liverani