NULLA SI CREA NULLA SI DISTRUGGE

di Maurizio Liverani

La maggior parte dei film sono frutto di storie di bassezze e slealtà coniugali che possono avvenire soltanto nel matrimonio essendo ancora in discussione le unioni civili. Nell’oceano  del matrimonio gli esperti delle diagnosi precoci galleggiano da anni su barchette di carta. Titoli come “Strage della fedeltà”, “Naufragio delle speranze” rendono, dalle vetrine dei librari, omaggio alla bonomia apocalittica di noi italiani, imbottiti di pessimismo, niente conati di angoscia, paralisi della sofferenza morale, compatimenti ironici verso chi lotta per mutare il mondo.

Ognuno ha la sua versione della “fine” che consiste nel sopprimere l’altro. Purché la vita intellettuale sia e resti povera nel senso della semplicità, della elementarietà, come vogliono religione e partiti in un Paese dominato da anni dal cattocomunismo; il vuoto mentale è sempre preferibile all’oppressione del pensiero. Un atteggiamento che rientra nel nichilismo perbenistico televisivo che ha addormentato la coscienza degli utenti. Il nostro Stato è ridotto ormai a un vuoto simulacro, l’unico che ci assicuri la sua esistenza, anzi lo enfatizza come se fosse un detersivo. “Non si può non essere nichilisti”. Mitterrand contestava garbatamente la soluzione cattolica offertagli dal Pontefice in nome di una dignità che rifiuta i messianismi trascendenti. C’è anche chi nega la fine; cioè l’umanità è condannata alla durata nella sua piatta ripetitività. Afferma Jean Baudrillard in “L’illusione della fine o lo sciopero degli eventi”: “L’impressione che non avvenga più nulla di reale è l’effetto di una inflazione di avvenimenti, diffusi in tempo reale dai nostri mezzi ipertrofici. C’eravamo avvicinati a questa eventualità con l’era atomica. Ahimè! L’equilibrio del terrore ha sospeso, poi rimandato definitivamente (?) l’evento finale e ora che la dissuasione è riuscita occorre abituarsi all’idea che non c’è più fine e che non ci sarà più fine, che la storia stessa è divenuta interminabile… La cosa peggiore è appunto che non ci sarà fine di nulla e che tutto questo continuerà a dispiegarsi in modo lento, noioso, ripetitivo, nell’isteresia di tutto ciò che, come le unghie e i capelli continuano a spuntare dopo la morte”. L’umanità non si vuol convincere che vive ormai, dopo l’ultima guerra mondiale, in uno stato archeologico, in un raccattatoio di fatti frutto di “clonazione”. “Le cose, i segni, le azioni sono ormai liberati dalla loro idea, dal loro concetto, dalla loro essenza, dal loro riferimento, dalla loro origine e dalla loro fine. E’ questo il momento in cui la riproduzione si ripete all’infinito; le cose continuano a funzionare mentre l’idea che le accompagnava è da tempo scomparsa”. In sintesi Baudrillard (foto) ci annuncia che siamo in pieno nichilismo e che la storia continua inesorabilmente senza fine e senza alcuno scopo, tra la costernazione dei santoni che continueranno a fornirci la solita zuppa fatta di principi riguardanti la coppia, la storia dei popoli. Dopo di che o si continuerà così in eterno o avverrà quello che lo storico Fukyama ha scritto ne “La fine della storia”. Ipotesi accettabile ma assai più probabile che abbia ragione il proverbio cinese che dice: “Chi cavalca la tigre non può scendere”.

 

Maurizio Liverani