NUOVI E VECCHI TRAGUARDI PER LA POLITICA?

di Barbara Soffici

Dopo le elezioni in Sicilia  il mondo della politica sembra aver ritrovato la frenesia dei tempi andati. Anche se con una bassa affluenza, le urne hanno decretato nell’isola il successo e il ritorno del berlusconismo, sollevando il timore di una nuova stagione del centro-destra (e di un altro crollo del Pd) anche a livello nazionale. Ora Berlusconi, nuovamente sotto la lente dei magistrati (che, sulla base di alcune intercettazioni, hanno riaperto l’indagine per concorso esterno in associazione mafiosa) e in attesa del verdetto di Strasburgo sulla sua agibilità politica, si sta impegnando per  portare avanti il progetto della “federazione dei moderati” per frenare  le ambizioni di Salvini. Mentre Renzi, dopo aver ribadito che “i risultati siciliani non hanno valenza nazionale”, ha affrontato e si prepara ancora ad affrontare la Direzione del partito e l’offensiva di quelli che, pur accettandolo come segretario, vorrebbero candidare a premier Paolo Gentiloni.  Le dichiarazioni di Pietro Grasso sono state un macigno per il Pd. Il Presidente del Senato è intervenuto dicendo che “il vero Pd era quello di Bersani” ma non si è detto ancora disposto ad essere lo “snodo” per costruire, con gli altri fuoriusciti dem e con il M5s, una maggioranza contro il Pd renziano. La promulgazione della nuova legge elettorale, il Rosatellum (osteggiato appunto dal M5s e dal Mdp), ha aperto la strada verso le elezioni politiche, ma è ancora troppo presto per  trovare “accordi” definitivi in grado, esulando dalla politica, di fronteggiare i “populismi” della destra. Renzi sa perfettamente che, per riuscire nell’impresa, è necessario costruire una coalizione di centrosinistra “larghissima”.  Tenendo conto anche che Alternativa Popolare naviga in acque poco chiare: nonostante le rivendicazioni di Alfano sull’operato nei governi di alleanza con il Pd, rischia la rottura, con la trasmigrazione di molti parlamentari a Forza Italia. La diatriba tra (e all’interno) degli schieramenti sembra avere poca valenza per gli italiani, sempre più disinteressati dalle dinamiche del voto, infuriati contro l’establishment per gli “inciuci” e lo sperpero di denaro pubblico. Temi che, guarda caso, stanno diventando cruciali in tutti i programmi di rinnovamento dei vari schieramenti. Di fatto Grillo, Berlusconi e Renzi rimangono i soli ad essere investiti “naturalmente” del potere politico, anche se nessuno dei tre siede in Parlamento e forse non sarà premier. Di sicuro non Grillo. Berlusconi, sperando ancora che il verdetto di Strasburgo non arrivi oltre tempo massimo, prova  ad avvantaggiarsi presentando comunque una candidatura aperta “con riserva”. Renzi, con Piero Fassino in campo, tenta di superare le divergenze all’interno dei democrat e di costruire una coalizione ampia e inclusiva che si allunghi verso il centro, per rubare moderati a Berlusconi; “senza prefigurare fin da ora la leadership”, per non favorire l’attuale Presidente del Consiglio.  Maestro di diplomazia e prudenza, secondo molti Paolo Gentiloni potrebbe infatti essere l’uomo giusto per risaldare il centrosinistra e governare anche senza una maggioranza omogenea. Per adesso il premier non dice nulla; si prepara a sciogliere il Parlamento entro la fine di dicembre, dopo l’approvazione di quella manovra finanziaria che sarà rivista dopo il voto….

Barbara Soffici