di Maurizio Liverani
Bettino Craxi, lasciato morire da chi avrebbe potuto salvarlo, fu definito da Paolo Guzzanti un patriota. La ragione è questa: voleva salva la vita perché prima di morire fosse fatta luce su quel “pasticciaccio brutto” di Tangentopoli. Sul finanziamento giornalistico (anche l’Urss lo aveva applicato con i giornalisti principe della nostra stampa), su quello dei partiti comunisti “redditizzi” per il grande capitale; perché si ponesse fine alla leggenda dei socialisti, i soli corrotti. Craxi non voleva rimanere in eterno l’uomo dei processi; voleva che il suo nome fosse sottratto a quella facilità tutta italiana di scovare un capro espiatorio per consentire ai partiti di continuare a fare quello che hanno sempre fatto dal dopoguerra a oggi. Non voleva essere il monumento della vergogna, proprio lui che aveva cercato di restituire una certa dignità al Paese. Con l’episodio di “mani pulite” si voleva nascondere tutto ciò che adesso, grazie a un magistrato, viene a galla. La verità: la classe politica è, nel suo insieme, corrotta da sempre. A che cosa obbediscano questi corrotti è abbastanza facile indovinare: al desiderio di screditare, di infangare per sempre quel periodo in cui mise le radici il craxismo, ossia quel quinquennio di prosperità economica e di relativa pace sociale. Sorprendentemente, Enzo Biagi, con il suo “Fatto”, cominciò a perseguitarlo chiamandolo lo “sconfitto”. E assieme a tanti altri ha cercato di fare di Bettino il ritratto di un politicante venale. Craxi è stato sconfitto dall’ideologia dell’odio. Palmiro Togliatti rimproverò una volta Pietro Nenni di non sapere odiare. L’ ideale sociale del segretario del Psi nasceva dalla solidarietà con gli oppressi. L’odio è la quintessenza del marxismo che non ha mai tollerato la concorrenza “civile”, umanitaria dei socialisti. Periodicamente i “rossi” hanno bisogno di trovare un nemico da odiare. Adesso lo stanno facendo anche altri partiti, non soltanto di sinistra. E’ difficile schivare l’odio in partiti che hanno le loro fondamenta sul nulla. Purtroppo, molti autentici democratici sanno opporre a questo sentimento soltanto lo spirito di rinuncia. E così abbiamo una democrazia senza “demo”, come diceva Nenni, soltanto “crazia”. Il ridicolo sposa l’abominevole.
Maurizio Liverani