OHIBO’!…

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
OHIBO’!…

“Appartengo alla minoranza silenziosa. Sono di quei pochi che non hanno più nulla da dire e aspettano. Che cosa? Che tutto si chiarisca? E’ improbabile. L’età mi ha portato alla certezza che niente si può chiarire: in questo Paese che amo non esiste semplicemente la verità. Paesi molto più piccoli  e importanti del nostro hanno una loro unica verità; noi ne abbiamo infinite versioni”. Questo scriveva nel settembre del 1972 Ennio Flaiano qualche giorno prima di morire.

Nei dibattiti televisivi, come dispregiativo ad effetto, si fa gran uso dell’organo sessuale maschile. Lo si adopera al posto del vecchio “ohibò”. Se lo si chiamasse “mentula”, in ossequio al latino, negli scontri sul video tante “c….te” non si udrebbero. Questa ricorrente espressione non provoca alcuna reazione. Il parlar bene e il parlar male si confondono; chi si esprime in un buon italiano è sospettato o di essere un intrigante o di appartenere a un sesso ambiguo.

Parafrasando il Belli, Matteo Salvini sembra pensare: “Bona la libertà, mejio er Palazzo”. Scelto il Palazzo, i leader della coalizione hanno questa speranza di poter dire con Paul Valery: “Je vie par curiosité”. In sostanza, tutti sono curiosi di vedere come andrà a finire in questo Paese intriso di cinismo, in cui vale il motto di un anticlericale dell’ottocento, il Rapisardi: “Salmi sugli altari, flatulenze in sacrestia”.

Sotto l’etichetta di notabile si sono trovati a convivere personaggi come Cossiga, De Mita, Forlani, Martinazzoli, Buttiglione; tutte personalità capaci di trasformare una ideuzza in “evento”. Gente che si è proiettata sulla ribalta con le fiamme e le demenze di una passione inconsistente con grande effetto di scena; il rumore copre i pensieri. La biografia del fortunato è redatta a posteriori, composta di meriti inesistenti o, comunque, non dimostrati.
 
 MAURIZIO LIVERANI