di Maurizio Liverani
Negli ultimi anni, cinque milioni di donne in età fertile hanno deciso di non procreare. La denatalità è in aumento. Nelle scuole ci si guarda bene dall’insegnare che la vita è bella e non è da buttar via. Sull’al di là non è mai stata fatta piena chiarezza; oggi sull’argomento si sorvola. Secondo Emil Cioran la verità non è altro che una “menzogna durevole”; i suoi libri, a cominciare da “L’inconveniente di essere nati”, “La tentazione di esistere”, “Sommario di decomposizione”, sono i più attuali anche se la grande stampa non ne parla. Le cause per cui lo scrittore non viene diffuso sono quelle della nostra censura. Cioran rivela e documenta verità inoppugnabili che il mondo odierno, il mondo ufficiale religioso e politico negano. Il Papa dal Cile paventa una nuova guerra atomica; la religione con questo pontefice ha perduto le convinzioni esatte della presenza di un Dio. Cioran gli attribuisce una moltitudine di malefatte e non esclude che l’umanità si sia liberata di questo mito soprannaturale come ha fatto Giacomo Leopardi. Non si può escludere che moltissima parte dell’umanità adotti la famosa massima greca secondo la quale la felicità sta nel “non essere”. Titoli come “Strage dell’illusioni”, “Naufragio della speranza”, “Morte delle ideologie” assecondano le propensioni apocalitiche di noi italiani, imbottiti da un pessimismo da cui traiamo un calmo benessere e di orientarci verso le scelte conformiste. Ognuno attende la sua fine senza eccessivo allarmismo. Il nostro è un Paese dominato dal cattolicesimo che opprime ogni nostra scelta, di qui un qualunquismo civile, una indifferenza verso questo nulla atteso e “promesso” dal Papa. Il prolifico futuro è roba per i politicanti i quali, per il loro tronaconto, negano questo nichilismo strisciante che si dispiega in modo lento, noioso, ripetitivo come le unghie e i capelli continuano a spuntare dopo la morte. “Quando le cose, i segni vengono liberati dalla loro idea, dal loro concetto, dalla loro essenza, dal loro valore, dal loro riferimento, dalla loro origine e dalla loro fine, allora si entra in un’autoriproduzione all’infinito. Le cose continuano a funzionare mentre l’idea che l’accompagnava è da tempo scomparsa… l’idea di progresso è scomparsa, ma il progresso continua”. Con guerre, terremoti, persecuzioni, odi sconfinati, aggiungiamo noi. In sostanza, l’autore di questa frase, Jean Baudrillard, ci conferma che la storia prosegue con l’imbruttimento del mondo, l’inferocimento e le pesti monetarie; con la devozione alle stesse ideologie nate allo scopo di non aver alcun significato; l’idolatria della televisione, gli impulsi politici di sempre; “anime morte”. Nel “Tentativo di esistere” Cioran riconosce ai filosofi francesi la pretesa di voler edificare una morale soltanto umana. Sul fatto morale “in sé” poggiava tutto l’esistenzialismo che pur doveva affermare: “Non si può non essere nichilisti”. E’ negata la “fine”; l’umanità è condannata alla più piatta ripetitività. Ci eravamo avvicinati a questa eventualità con l’era atomica. Ahimé! L’equilibrio del terrore ha sospeso, poi rimandato definitivamente (?) l’evento finale. E ora che la dissuasione è riuscita, occorre abituarsi all’idea che non c’è più fine. La nostra non è una società in divenire ma una “xeros-società”; continuità ininterrotta, rimasticamento intellettuale, refrattarietà alla fine. Altri olocausti in mancanza di una decorosa “ecatombe” atomica.
Maurizio Liverani