OMBRE DI GUERRA…

…DIETRO A IMMODIFICABILI RAPPORTI DI FORZA

di Barbara Soffici

Con l’annuncio del riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato israeliano e del trasferimento dell’ambasciata americana nella “città sacra”, il presidente statunitense Donald Trump ha aperto un nuovo, discusso capitolo nelle relazioni internazionali in Medioriente. Dichiarando l’intenzione di “continuare a perseguire un accordo tra l’autorità palestinese e il  governo di Israele che sia equo ed accettabile per entrambe le parti”, determinato però a superare l’inconcludenza degli interventi del passato, con questo riconoscimento Trump ha voluto  mettere in evidenza quella che definisce “una realtà” di fatto.  Peccato che il rinnovato impegno per la pace, la promessa di sostenere comunque i negoziati del presidente Usa siano apparsi una contraddizione in termini, dato il suo chiaro schieramento dalla parte di Israele. Soltanto il premier israeliano Netanyahu ha apprezzato l’intervento di Trump che ha invece suscitato la riprovazione e le aspre critiche del mondo arabo, dell’Onu e della Ue. Il riconoscimento di Trump (promesso agli americani in campagna elettorale), secondo gli alleati, non sarebbe in linea con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e potrebbe non solo mettere a rischio il processo di pace tra Israele e Palestina, ma anche agevolare i piani del terrorismo islamico con un rigurgito di violenza dell’assopito movimento palestinese. Per “bloccare” la decisione dell’attuale Presidente degli Stati Uniti, Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania e Svezia hanno sottolineato il proprio disaccordo in una dichiarazione. Di rimando il presidente israeliano ha dichiarato di “rispettare l’Europa, ma di non poter accettare la sua ipocrisia”. Il successivo vertice di Parigi, tra Netanyahu e Macron, è stato a dir poco acceso, con reciproci scambi di accuse: il premier francese ha attaccato, ha tentato, senza risultati, di convincere il collega israeliano a “congelare gli insediamenti in Cisgiordania”; Netanyahu ha invece accusato l’Europa di adoperare due pesi e due misure. Di fatto il nuovo “approccio”  degli Usa ha suscitato un vero vespaio: il mondo arabo ha convocato per il 13 dicembre un summit dell’Organizzazione per la Cooperazione islamica per rivedere i trattati di pace; e le proteste sono sfociate nella violenza, con cruenti scontri tra palestinesi e militari israeliani nella striscia di Gaza, a Hebron e a Betlemme, con assalti alle ambasciate statunitensi a Beirut e a Giacarta e con un attentato fallito a New York. E’ servito dunque poco all’America sottolineare che la “decisione” di Trump non intendeva interferire con la “divisione territoriale della città santa che sarà negoziata dalle parti in causa”…forse anche sulla base del piano che sarà presentato tra qualche giorno da Jarek Rushner, il genero di  Donald. La potenza di Israele è un fatto assodato e ormai riconosciuto. Tanto che il premier siriano Assad, sostenuto da Putin, aveva inoltrato ufficiale richiesta a Netanyahu per concordare quella pace necessaria a consolidare il suo regime.  Dopo l’annunciato trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme ogni prospettiva di pace è sfumata. Il premier turco Erdogan ha definito Israele uno “Stato terrorista che uccide i bambini”, schierandosi apertamente con i palestinesi. Anche la Russia di Putin non ha approvato la rottura degli equilibri provocata da Trump. Forte dell’aumentato peso politico e di una maggiore influenza in Europa  (potenziati dopo le recenti “scaramucce” tra il coreano Kim Jong-un e lo stesso Trump), forte anche del ruolo dominante riconquistato in Medioriente con l’alleanza con l’Iran e la Turchia, con l’appoggio fornito al presidente Assad e con la costruzione di basi militari in terra siriana, Putin si prepara a sostenere una condizione di guerra permanente che potrebbe rinvigorirsi sebbene sia ormai difficile modificare le dinamiche e i rapporti di forza esistenti. Non si sa però se, schierandosi con gli arabi in difesa dei diritti dei Palestinesi, Putin voglia conquistare il ruolo di mediatore internazionale oppure si prepari ad essere il diretto antagonista degli Stati Uniti…

Barbara Soffici