di Maurizio Liverani
Donald Trump si comporta, sorretto da quella sua aria tronfia, da selezionatore degli alleati come quegli imperatori che, al tempo dei romani, assegnavano le varie provincie. Di questa sua tracotanza qualcuno dei capi delle grandi potenze cerca di giovarsi. Non è stato confermato né smentito che Matteo Salvini sia stato a trovarlo per ottenerne l’investitura come capo privilegiato e indiscusso della nazione Italia. “Io tratto direttamente con i vertici”, con una frase simile Trump ha congedato il leader della Lega il quale è avido di essere il capoccia dell’alleata Italia. Dopo essere stato eletto, il presidente americano ha fatto, come si dice, il giro delle sette chiese: è andato a Parigi da Macron, dove è stato accolto trionfalmente, dispensando elogi che dovevano far intendere come la Francia sia l’alleata prediletta. Il tempo gli ha dato torto: Trump non è un capo di Stato di grande formato; nel giro di qualche mese si è guadagnato il titolo di “Napoleone il piccolo”, sottratto all’imbelle Sarkozy. Dalle sue investigazioni, ha tratto, per un momento, la convinzione che tra gli Usa e l’Europa non ci poteva essere un’alleanza consolidata; potevano al massimo configurarsi “convergenze parallele”. Angela Merkel non ha mai fatto prevedere che si sarebbe sottomessa alle sue decisioni. L’Inghilterra è sempre incerta nelle sua politica atlantica. Buoni rapporti con Putin, ma diffidenza per la politica che Mosca conduce verso gli Stati Uniti. La scacchiera ha offerto a Trump l’occasione di procurarsi un alleato su misura. Questo non poteva che essere L’Italia. La posizione geografica del nostro Paese e con basi americane ne fa un centro indispensabile. Per riconoscerlo come tale ha preteso che il premier italiano avesse la faccia gradevole di un divo di Hollywood e che oscurasse gli immusoniti Di Maio e Salvini. Da un giorno all’altro il nostro Paese è diventato il prediletto della grande potenza oltreoceano. Giuseppe Conte, con quell’aria di persona perbenino, ha perorato la causa dell’unità atlantica, quella di una convergenza sui grandi temi strategici e per completare l’immagine del “buon samaritano” ha fatto persino l’elogio di Putin con il quale Trump intrattiene rapporti ora distensivi ora con accenti da guerra fredda. Non vuole si dica, ma ha sposato in gran parte la politica di Barack Obama; se qualcuno glielo fa notare diventa una furia. L’uomo non è di buon carattere. Nel mondo animale apparterrebbe alla genia dei cani che abbaiano, ma non mordono. Meglio di così? La politica internazionale riserva sempre molte sorprese; i servizi segreti hanno dossier che tengono in allarme il presidente. Se le cose in Italia si metteranno in chiaro, nonostante il suo parlamento somigli più a uno zoo che a un centro di alti studi, potremmo assistere a una rinascita offertaci da Washington in cambio di un raddoppio delle basi con i porti pronti a ospitare navi che possano intimidire il Nordafrica e ricondurre alla ragionevolezza gli Stati da cui partono i migranti. E’ avvenuto un fatto significativo: una imbarcazione con un carico di profughi dalla Libia stava per dirigersi verso un porto italiano. Una nave della Nato ha agganciato la prua del convoglio riportandolo in terra libica. Gli esperti vedono in questo atto un cambiamento di rotta: non della nave, ma della politica internazionale. C’è chi ironicamente ha dato a questa novità l’appellativo di “operazione Conte”.
Maurizio Liverani