di MAURIZIO LIVERANI
Il vento in poppa che sospinge Matteo Salvini è offerto dai sondaggi. Se ne ricava l’indicazione che molti italiani vogliono il “nuovo” promesso vent’anni fa da Forza Italia. Quando un premier entra in combustione può arrivargli una bordata giudiziaria che, dopo qualche anno, si rivela una bolla di sapone. Salvini ha introdotto nella destra quel tanto di imprevedibile che un amleto della politica qualche volta raggiunge. E’ lui o non è lui il surrogato di Benito Mussolini? E’ una combustione di furbizia e di intrigo; di sua iniziativa ha oscurato le figure di Conte e di Di Maio proponendosi come il prodotto della zecca delle “figure nobili”. La Lega non è più un rebus. Oltre ai tanti che si sono adattati al teatrino parlamentare, Salvini si è insalsicciato nel novero dei nostalgici di un “conducator”; ispirandosi a Giuseppe Dossetti, reo di aver definito la democrazia “L’arte di opprimere il popolo da parte del popolo nell’interesse del popolo”. Nella stagione del governo attuale c’è anche gente seria in grado di raddrizzare la barca dell’economia italiana. Ai leghisti interessa ben altro che fare dell’antifascismo a settantaquattro anni dalla caduta della repubblica di Salò. L’antifascismo di comodo è talmente scoperto che qualcuno non lo sopporta più e potrebbe voltargli le spalle. Certamente non i nostalgici. Gli errori degli altri è quello di servirsi dei soliti zuavi forniti da quell’eterna matrice di machiavellini ai quali è inutile chiedere coerenza. Salvini ha annunciato un ripulisti della mafia. Di Maio, quando si trova di fronte a lui, somiglia a quelle mummie tolte di fresco dal sacello.
MAURIZIO LIVERANI