di Maurizio Liverani
Il terremoto di grandi proporzioni ha spronato l’estro da sciacallo di molti moralisti entrati in politica dalla porta di servizio. Il Vaticano si è attenuto alla riservatezza. Se il creatore ha voluto che un tale cataclisma colpisse il centro dell’Italia, avrà le sue ragioni. Diciassette anni fa Bettino Craxi si tuffava nel mare delle tenebre o, se si vuole, nell’eternità e potrà chiedere al Sommo le ragioni di tanto accanimento tellurico. Come si fa a negare il permesso di tornare in Italia a un uomo che, come disse Ciampi, “ha contribuito in modo significativo alla difesa dell’occidente e al consolidamento della pace”? Bettino Craxi, da persona di qualità, è morto con discrezione e riserbo. Perché parliamo di questo anniversario? Bettino, con la scelta di essere sepolto a Tunisi, ha rifiutato di lasciarsi gonfiare a proporzioni leggendarie. Se fosse ritornato in Italia gli sciacalli avrebbero avuto il pasto che cercano in ogni occasione. Una congiura della mediocrità e della incultura ha consentito ai cattocomunisti di fare, nel campo socialista, una sola vittima: Bettino Craxi. Era un capo carismatico, gli sciacalli attendevano le spoglie per continuare l’opera di demolizione. E’ stato un leader degno più di tanti di funerali di Stato che gli erano stati offerti. Il sepolcro molto “ingombrante” per la sinistra resterà laggiù ad Hammamet. E’ stato offeso un leader che, per cinque anni, ha governato l’Italia con lusinghieri risultati. Ricordiamo questo caso per sottolineare come sia sempre vivo il gusto dell’autodistruzione, la volontà di rinnegare il passato e, soprattutto, lo spaventoso piacere di mettersi al servizio dell’avversario e di suggerirgli gli insulti. Non è la forza dell’antisocialismo che sembra più pericolosa ma lo spirito di rinuncia di uomini che si spacciano per socialisti insistendo a non voler ritrovare una coerenza di partito e di coesione. Pochi mettono in correlazione le ovazioni ad Andreotti e l’astio verso l’esule di Hammamet. Se per guadagnarsi una carica, una posizione illustre, pur di restare nella grande “omelette” parlamentare, oggi, la sinistra si vanta di essere entrata nella “grande casa socialista”. Segno che è consapevole di non avere titoli per aspirarvi con le proprie forze. Senza Craxi, la classe socialista è piena di piccoli fedifraghi che, come il tronco di fico di Orazio, si credono divinità, pur essendo destinati a diventare panchette.
Maurizio Liverani