di Maurizio Liverani
Ogni squadra di calcio italiana è lardellata da almeno cinque o sei giocatori stranieri. Sui campi di gioco driblano e corrono calciatori con tre o quattro K e altrettante U, segno che attingiamo dal Nord Europa e dall’Africa. Se, come dice Montaigne, dietro una catastrofe linguistica si nasconde una catastrofe morale, nel calcio l’apocalisse è avvenuta. La compravendita delle partite è ormai messa nel conto, è accettata; comporta soltanto una multa. Nel palazzo della televisione lavorano tanti cronisti che non sfigurano al confronto delle ponderose serpentine lessicali dei professionisti della politica. Esiste, nel calcio come nella politica, un accordo tra fazioni, ma sempre con l’idea che trattasi di patti un po’ vili e di poca importanza. Un freno a questo sconcio è posto dalla totale dedizione dei telegiornalisti. Un certo “para-liberismo” fa capire che si cerca di impreziosire qualcosa di molto scadente. Che terribile handicap la lingua italiana per un nobile della comunicazione che, come uno gnocco nella pentola, deve salire ogni domenica in superficie al bollore della lottizzazione. Con una certa benevolenza si potrebbero porre questi cronisti tra i futuristi; con Marinetti che voleva la distruzione dell’io letterario e della precettistica eversiva. Questi commentatori non vogliono un linguaggio variato, ma ripetono per ore, al posto di Marinetti che incitava ad uccidere il chiaro di luna, come si può tenere in vita il gioco del pallone. Lo sportivo fiuta l’inganno: perché non pensare che con i loro sproloqui non intendano coprire la pochezza del calcio italiano? E che sia loro concesso di esaltare i meriti di una squadra e deprimere quelli di un’altra; soprattutto quelli della Juventus, la più amata dagli italiani, prima in classifica e disponibile più delle altre all’invidia? Ci vuole infatti una bella faccia tosta per tacere sulle “mani pulite” di cui sono piene le cronache che parlano di abusi e di intrighi sportivi. Ascoltando le noiosissime telecronache non si sa mai dove cessi l’ipocrisia e lo sviluppo della ragione. Esiste una crisi in tutto. Il calcio non può esserne esente.
Maurizio Liverani