di Maurizio Liverani
L’aspirazione alla ricchezza si esprime in una forma sempre più irrefrenabile. Chi ne dispone gode di una reputazione assoluta; di qui l’idolatria del successo, versione tragicomica dell’immortalità. Chi in vita ha posseduto grandi mezzi assurge alle dimensioni di una divinità. Il facoltoso può essersi riempite le casse in maniera illecita, purtuttavia conserva una certa luciferina grandezza. Il più grande prototipo tra i facoltosi era ricco, bello, vincente nel calcio e con tanto fascino. Si sospetta che fosse un evasore; un sospetto che non incrina il suo prestigio, anzi lo ingigantisce. Un grande petroliere era padrone dell’Inter, una squadra di calcio che vinse la Champions League. I giocatori che l’Inter schierava in campo erano quasi tutti stranieri; l’allenatore, a fine campionato, è volato verso altri lidi per rimpinguare il suo bottino. L’italiano li ammira. Nel mondo del cinema tiene in gran conto la famiglia De Laurentiis. Dino era già un’icona al tempo del neorealismo; considerava il cinema come una fonte di guadagno ritenendolo un’arte minore, meglio, una forma di comunicazione che a volte può toccare certi livelli espressivi. Con quella sua stupenda vitalità d’imprenditore cinematografico non ha mai avuto la vana superbia degli esteti. Quando Hollywood si installò sul Tevere, denaro prezioso venne investito in film italiani. Denaro propizio gestito per un’ampia occupazione delle migliori maestranze del mondo. Con Carlo Ponti, altra torre campanaria del cinema, riuscì a far risalire il confine sotto il quale partiva la Cassa del Mezzogiorno per attingere agli aiuti statali e costruire Dino Città in previsione che, prima o dopo, lo Stato avrebbe privatizzato Cinecittà. Lo Stato italiano è sempre stato di manica larga con chi possiede grandi ricchezze. Cinecittà è ancora esistente e Dino Città è diventata un’industria qualsiasi. Il “branco” dei critici ha infierito per un po’ contro questo che chiameremmo scandalo, ma nessuno ha avuto il coraggio di venire ai ferri corti con i “paperoni”. Oggi si è accesa una polemica tra quelli del calcio di Torino e di Napoli. Il padrone del Napoli borbotta contro la gestione del calcio che favorirebbe la Juventus; questa accusa, assai di moda, torna periodicamente nelle cronache sportive. E’ una polemica con significati oscuri che si annidano nella politica in generale; veli pietosi si stendono sui commenti. La passività morale si allarga su tante magagne del Paese. Quando ci sono di mezzo i “paperoni” si può fare, al massimo, dell’ironia. Questa disputa rientra nel capitolo di Tangentopoli.
Maurizio Liverani