di Maurizio Liverani
Sembrerà assurdo, ma se constatiamo che l’attualità politica e quella dello spettacolo ci riconducono sempre al passato, dobbiamo concludere amaramente che la trasmissione di Carlo Conti “Tale e quale show”, riproponendoci giullari e attori anche del passato, è lo specchio dell’immobilismo in cui è caduto il Paese. Da molto prima della fine del secolo scorso, la nostra è una xerox-società, ripete, riproduce gli stessi avvenimenti, le stesse diatribe politiche e, paradossalmente, le stesse facce. In Italia non si rinnova mai nulla. E’ un Paese che ha l’avvenire dietro le spalle. Il futuro è cancellato, almeno per il momento. Silvio Berlusconi è l’uomo “nuovo” da più di vent’anni; nuovo di zecca. Intorno a lui si danno battaglia astuti personaggi ricchi di fregolismo; la pancia del Paese è piena, dicono i saccenti moralisti di sempre, di marciume. Per essere benevoli adottiamo, per questo continuo mutamento di umori, il termine “furbastrismo”. Per omerizzarsi, queste zecche della politica amano farsi fotografare accanto a Silvio, anche quelli che si “rimpastano” con la sinistra. E’ annunciato un film di Paolo Sorrentino che a noi sembra fatto con lo stampino dello spettacolo di Conti. Il bravissimo Toni Servillo è indotto dal regista a riprodurre “tale e quale” l’uomo di Arcore. Un commentatore malevole potrebbe chiosare l’avvenimento con questo slogan: “il berlusconismo al potere”. Per dimostrare di avere la testa in fermento, alcuni giornali hanno presentato l’avvenimento come il segno di una salutare resurrezione utile alla destra. Berlusconi, che ha un particolare bernoccolo politico, in questi anni ha saputo distinguere, da sedicente liberale, alcune benemerenze del fascismo tra le tante malefatte. Ma la sua fedeltà al liberalismo è penetrante, bruciante e persino terribile. L’italiano legge in lui un che di indefinibile, mentre il leader di FI è saldo nelle sue posizioni di partenza. Nelle altre coalizioni ci si addentra sempre più nella rissa e nello scontro ideologico. In sostanza, Berlusconi sarebbe un buon esempio, sfuggendo a tutte le categorie politiche; il suo modo di operare non ha una propria identità tranne quella saldissima ancorata alla coerenza liberale. Il regista Sorrentino ha già realizzato un film, “Il divo”, dedicato a Giulio Andreotti dove, contravvenendo, dicono, agli accordi presi prima della realizzazione, sarebbe stato fatto un ritratto irrispettoso della verità. A sorpresa, nel finale il divo Giulio appare come una sorta di Belzebù, una figura di cui non fidarsi. Dopo un lieve risentimento, Andreotti ha preso quest’ultima incarnazione come un “omaggio”; non gli spiaceva, da uomo spiritoso, di essere ricordato, grazie a un film, come un “bau bau”. Un “bau bau” nella serra marxista in cui era ormai chiuso il Paese. Con Silvio Berlusconi il regista pare abbia promesso di comportarsi in maniera diversa. Dalle prime indiscrezioni sembra venga elogiato come il vessillifero di una quiete sociale; i conflitti con la magistratura, le intercettazioni e i gossip operazioni di poco conto. Vent’anni fa era considerato, malevolmente, un guastatore della democrazia, adattandosi in seguito a recitare la parte di colui che guarda e giudica. Di certo, tra chi teme il discredito e tra chi si augura gli osanna pare prevalga una raffigurazione benigna trapuntata da tanti “ma”.
Maurizio Liverani