di Maurizio Liverani
Nella trasmissione di Bianca Berlinguer, con un intervento irruente, il filosofo Cacciari ha sostenuto con argomenti inoppugnabili che, in base ai principi del marxismo, quanto è avvenuto in Italia sancisce la morte del partito comunista e di tutte le sue derivazioni. Quella che sopravvive è un’ideologia ridotta all’osso che tende a conservare le residue energie nell’occupazione di tutti i centri di potere. Se ne era accorto anche Umberto Eco: “Il potere che ci inquina è diffuso. Un’impresa collettiva che sta riducendo la libertà di ciascuno”, disse a un Convegno sulle televisioni, informazioni, telecomunicazioni. Gli eredi del “morto comunismo” si illudono di conservare il potere cambiando continuamente segretari. Gli ex, che queste cose le sanno, hanno preso il largo; gli altri, in piena burrasca, difendono le loro poltrone in modo frenetico, sempre con la stantia, ammuffita verve ideologica, illudendosi di salvarsi. E’ ormai sotterrato anche il pensiero di Enrico Berlinguer con il suo carico di convergenze clericali per arpionare socialisti, liberali, socialdemocratici, democristiani. Senza passare per Enrico, gli ex avevano sposato i postulati del cattolico Franco Rodano, ispiratore del “compromesso storico”, oggi ripudiato. Massimo Cacciari, nella sua lunga e accesa prolusione, è risalito attraverso le varie tappe infelici del vecchio Pci per concludere, e i presenti non hanno obiettato, che il comunismo è “sepolto”. Nonostante questo fallimento storico c’è nella sinistra chi cerca di recuperare vitalità assegnando la direzione ora a questo ora a quel compagnuccio che si dà in pasto alla curiosità con il portamento di un conservatore rispettabile. Soltanto Matteo Renzi schifa questo metodo e, con la complicità di grandi organizzazioni internazionali, cerca di dar vita a un nuovo soggetto politico che riesca a salvare la dissestata Europa Unita. Una novità è che papa Francesco ha invitato i cardinali a non intromettersi in tutte le magagne affiorate che hanno portato gli italiani all’indignazione. La strategia è di ritornare a essere la “force de frappe” perduta in un popolo che obbedisce soprattutto ai bisogni materiali e non si fa più illusione su quelli spirituali. Il pessimismo di Aldo Moro sull’avvenire della Dc è, oggi, un sentimento vivo, sorretto da un calore morale che rispecchia meditazioni sincere e sofferte. Come quelle di papa Benedetto XVI il quale, prima di lasciare il vaticlavio, si augurava la nascita di una nuova generazione di cattolici, segno che aveva tolto gli occhi di dosso ai democristiani attuali da cui è stato disilluso. Ricordate cosa diceva Alcide De Gasperi della sua democrazia cristiana sin dalle origini: “Se ad essa togliete gli equivoci, che le resta?”. Qualcuno verrà a dare il cambio. Tutti cercano di riciclarsi, persino Silvio Berlusconi, per tornare nel circo e non girare a vuoto, ribadisce l’alleanza con Matteo Salvini il quale a furia di gomitate ha messo all’angolo il premier Conte che continua a fare, di malavoglia?, il presidente del Consiglio, non è lui a manovrare il timone e non ha l’ambizione di trasformarsi in un leader in una situazione così dissestata. Le basi clientelari dei partiti sono in mano ai “dittatori d’affari”. “L’attesa, la sospensione mantiene nascente ogni pensiero”. Questo era uno dei sillogismi d’amarezza di Emil Cioran. Il ridicolo che si è riversato sul Paese, grazie agli attuali fanfaroni, produce, al contrario, il buonumore.
Maurizio Liverani