PASSIVITA’ MORALE

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI

PASSIVITA’ MORALE

L’italiano ha la sensazione un po’ terrificante che il Paese “reale” per i politici di professione non conti nulla; le frontiere della soggezione ai potenti non cadono. E’ questa la novità che la Lega ci propone. La sua disobbedienza civile non finisce; fa parte della storia italiana e non esaurisce mai la sua funzione. L’atout vincente, per ora, di Matteo Salvini si ferma qui. La “sorpresa” avvertita improvvisamente, dopo anni di scaramucce, non nasce dal libero gioco dell’ideologia; con questa, risultata inesistente, si può instaurare una mentalità totalitaria. Decretata la fine delle ideologie e, soprattutto, accortisi di questo decesso si è riusciti a convincere gli elettori che ornarsi di intellettualità erano le ruberie praticate su larga scala sin dall’immediato dopoguerra. Non è forse questa la tragedia che vive e ha vissuto l’Italia? Che il presente sia la fotocopia peggiorata del passato? La nostra non è una democrazia bensì una mala-democrazia in cui i politici di professione non attingano dall’idea ma dall’obolo dei potenti. Sarcasticamente potremmo dire che la nostra è un “saccheggio continuo”. La difesa di questo saccheggio è spacciata per libero pensiero. La libertà strombazzata nasconde un dilagante cinismo. Il cittadino si è accorto che i partiti gli attribuiscono la sensibilità morale e civile di un mollusco. Tanti anni fa, la giunta comunale veneziana querelò Montanelli per un suo editoriale dal titolo “Delitto a Venezia”. Lo spunto era offerto da un telegramma del direttore generale dell’Unesco. Un telegramma nel quale, con modi garbati ma fermi, si chiedeva a che punto fosse l’iter del progetto di legge per Venezia e si desiderava conoscere le intenzioni del governo italiano per assicurarne la pronta adozione da parte del Parlamento. Il direttore dell’Unesco, fiutando la corruzione italiana, voleva vederci chiaro. Il suo messaggio suonava infamia e vergogna. Dopo lo scandalo, deflagrato nel mondo ma non sulla nostra stampa e sulla nostra televisione, per far sfumare in niente sospetti, accuse, indizi, i politici avrebbero dovuto avere il coraggio di affrontare la giustizia. Per l’approvazione del Mose sono passati anni, da allora si cominciarono a nutrire dubbi che il tempo ha reso certezza. Di Venezia, il Parlamento se ne è infischiato sino dallo scandalo del Mose. L’ecosistema non era già compromesso da Marghera e dalle grandi navi che approdano nel porto lagunare? Il petrolchimico non aveva già prodotto centinaia di morti per cancro e malattie varie? Oggi nella laguna entrano transatlantici che superano il campanile di San Marco. I categorici no degli ecologisti sono sempre stati accompagnati da una quantità di obiezioni che lasciavano sospettare il proposito di voler fare di Venezia una grande “greppia”.

MAURIZIO LIVERANI