di Maurizio Liverani
Mino Maccari in uno dei suoi aforismi, raccolti nel libro “Con irriverenza parlando”, ne elenca uno che per molto tempo ha fatto al mio caso. Eccolo: “Se diventi antipatico sei a posto!”.
Di questo privilegio godo sin dal 1969 quando realizzai “Sai cosa faceva Stalin alle donne?”, accolto con entusiasmo al Festival di Venezia ma con piglio arcigno dagli inviati che rimproverarono al film di essere irriverente verso il comunismo e “Baffone”.
Il film è nato per volontà di un produttore privato, il grande Angelo Rizzoli senior, il quale mi chiedeva di dare una certa eleganza alle protagoniste del film che erano Silvia Monti e Margareth Lee. La prima, amica di un grande industriale del nord, si stabilì nel mio attico nei pressi di Piazza di Spagna. La seconda tornò per un lungo periodo a Londra dove rilasciò interviste entusiastiche su di me (…e per questo non ebbe più lavoro in Italia?). Luchino Visconti mi chiese di prendere come interprete Helmut Berger che si rivelò molto bravo.
Tutti erano volutamente eleganti al punto che Flaiano, scrivendo del film, sottolineò che lanciava la moda della “gauche caviar”, ovvero del sovietico italiano attratto, più che da Marx, dal bel vestire e dai modi eleganti.
Essendo stato critico cinematografico di “Paese Sera” fui accusato di doppiezza; dissero che non ci si poteva fidare di me e che avevo praticato la menzogna e il voltafaccia. Ennio Flaiano organizzò una gran festa perché molti mi rinfacciarono di aver praticato una fantomatica purezza ideologica. Dalle conventicole di sinistra venni messo fuori dai “giochi”.
Dalla gioia mi sembrò di toccare il cielo. La destra si comportava come un cane da tartufi: ricordandomi di aver avuto uno zio ministro dei trasporti della Repubblica di Salò, mi invitava a collaborare a “Il Borghese”. L’allettamento era questo: vieni con noi rivendicando la tua autonomia; mi si incitava, dunque, a lasciare un potere forte per passare ad un altro potere forte che differiva solo nel colore. Quando l’aristocratico comunista Eugenio Reale, divertito e contento, me lo rivelò, io, essendo ancora giovane, ne rimasi amareggiato.
Dopo più di cinquanta anni il mio film è finalmente uscito dalla cella d’isolamento.
La Cineriz a suo tempo lo cedette, a mia insaputa, a Mediaset, e non ne seppi più nulla, salvo qualche telefonata di amici che mi segnalavano sporadiche uscite notturne sulle reti del biscione; fino a quando, con mia gradita sorpresa, sono stato contattato dal dott. Luca Pallanch della Cineteca Nazionale.
Pallanch, persona squisita e competente, ha avuto la pazienza di “riscoprirmi”, anche grazie alle documentazioni divulgate su internet da www.ematube.it , www.distampa.com e www.distampa.it, e, con Raffaele Meale, curatore delle rassegne del Cinema Trevi, ha organizzato una visione pubblica del mio film, cui è seguito un appassionato incontro con gli spettatori condotto dal noto giornalista Marco Giusti.
D’improvviso, mi è stata tolta la “scomunica” politica.
Insomma, si è così “ufficialmente” conclusa una storia molto divertente, anche se inquietante, del cinema italiano grazie alla sagace intuizione di Luca Pallanch, Raffaele Meale e Marco Giusti, ed alla meritoria funzione del Centro Sperimentale di Cinematografia .
Maurizio Liverani