FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
PEGGIO IL TACON DEL BUSO
L’abissalità che separava, sino a poco tempo fa, la vecchia guardia dal nuovo corso nasceva dalla constatazione che Matteo Renzi è un praticone politico che dà un colpo al cerchio e uno alla botte. In questi casi è bene rifarsi all’antica esigenza di rinascita della speranza, di un ritrovamento di entusiasmo, di un imperativo etico; lo stesso che ha portato Matteo Salvini a diventare capo del governo sotto il travestimento di vice premier. Non ci vuole molto a capire che la nazione è sempre in pieno sfacelo, combattuto tra sfaccendati, preoccupati soltanto di salvaguardare le prebende. Con quell’aria da Jean Gabin, Salvini si sente grandemente confortato da un vasto elettorato che avverte ormai raggiunto il “limite” storiografico del gregge tremante dei vecchi piddini. Insomma, si è creata una situazione insolita. Il capo della Lega, pieno o no di qualità, dimostra di non essere discendente di sfibrati dottrinari. E’ impegnato a fornire una visione frenetica di se stesso e, per guadagnarsi una posizione sullo schermo, “va al massimo”, incurante di quanto sosteneva l’ex sindaco di Parma Federico Pizzarotti che lo aveva messo nello scatolone dei velleitari. Il dissolvimento di Roma è tanto evidente che la sindaca Raggi preferisce ignorarlo. Chi la puntella afferma che è gonfia di avvenire come un aerostato, che è un esempio di genialità michelangiolesca, al servizio del degrado. A dispetto di tutto, i cinquestelle hanno la faccia tosta di sbandierare come successi smacchi, sconfitte, fallimenti a catena; promettono ulteriori sconquassi, un “giubileo di sprechi”. I romani rassegnati al peggio si impegnano nell’amplificare l’imbruttimento della città, con la volontà di seppellirla. Tanto astio, tanta animosità, nessun sindaco, sino a ora, li aveva provocati. Virginia Raggi appare ogni giorno di più un impasto di cera innaturalmente roseo. Per scongiurare che la città passi di mano a politici peggiori, si va delineando una santa alleanza tra destra e sinistra seguendo l’idolatria dell’inciucio. L’invidia, purtroppo, trabocca da tutte le parti, divide anche i capi del Pd. Se, dopo anni di lotte intestine, gli eredi di Botteghe Oscure sapessero “cosa sia” collaborare, il ribaltone sarebbe già realizzato.
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Con qualche ragione c’è chi vede nelle “larghe intese” la possibilità di Berlusconi di correre, prossimamente, per il Quirinale senza riproporre l’intrigo lento e complicato. Gli manca soltanto una morfologia umbertina.
Gli “anchormen” che avrebbero dovuto portare i cittadini a orientarsi a sinistra si sono rivelati dei boomerang.
Gli italiani hanno ormai capito che è difficile distruggere le basi clientelari dei partiti, innervositi dall’intrusione di nuovi giullari.
L’”uomo nuovo” tanto atteso dalla sinistra è Carlo Calenda, iscritto al Pd da un anno e mezzo con la volontà di rinnovare il partito. Sul video ha rinnegato una gaffe: in un paese governato da Di Maio io non ci sto.
MAURIZIO LIVERANI
(Aforismi dai libri “SORDI RACCONTA ALBERTO”, “IL REGISTA RISCHIA IL POSTO”, “AFORISMI SOSPETTI” e “LASSU’ SULLE MONTAGNE CON IL PRINCIPE DI GALLES” di Maurizio Liverani)