PICCIONI VENEZIANI

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI

PICCIONI VENEZIANI

Con puntiglio spagnolesco, il regista svedese Roy Andersson, accortosi che i piccioni sono stati sfrattati da piazza San Marco, ha costruito intorno a uno di questi ā€œsimpaticiā€ volatili una discussione sullā€™essere e non essere. Ammiratore di Vittorio De Sica, ha avuto fiducia nella poesia; ed ecco lā€™ammirazione per le biciclette del regista italiano. Quando si ĆØ prossimi alla convinzione che cessando di sperare si comincia a vivere, lā€™autore svedese con il suo ā€œUn piccione seduto su un ramo riflette sullā€™esistenzaā€ (vincitore del Leone dā€™Oro al festival di Venezia nel 2014) ci invita a esitare, a rinviare, a continuare a vivere. ChissĆ  se non ci si possa anche divertire.

La logora regola del cinema e teatro ĆØ quella di divinizzare il futuro e guardare con speranza allā€™avvenire che, come dice una nota commedia francese, ā€œĆØ dietro alle nostre spalleā€.

Invitato da Antonello Trombadori (addetto alla vigilanza rivoluzionaria del Pci) a entrare nel calderone cinematografico ormeggiato nelle Botteghe Oscure, il regista di ā€œRoma cittĆ  apertaā€ (1945),Ā Roberto Rossellini (poi marito di Ingrid Bergman), invece, si orientĆ² verso il culturame democristiano. ā€œAlmeno lĆ  soā€™ soloā€. E cosƬ i diccƬ si sono visti riversare nelle loro schiere il regista. Per celebrare Alcide De Gasperi, Rossellini ottenne denaro televisivo per ā€œAnno unoā€ (1974) ribattezzato, dopo il clamoroso fiasco, ā€œIncasso zeroā€.

La commedia dellā€™autocritica ĆØ meccanica pura. Un concentrato di rigiditĆ ; con questa si ingigantiscono i meriti. Eā€™ la gherminella in gran vogaĀ Ā nella nostra politica, acquisita come presa di coscienza.

MAURIZIO LIVERANIĀ