“PISOLINI” CONTESI

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI

“PISOLINI” CONTESI

I “pisolini” di Ercole Patti, scrittore e critico cinematografico, divennero famosi provocando lo stupore, la simpatia e l’ilarità dei colleghi. I miei resoconti particolareggiati di quei momenti divertivano molto Luchino Visconti. “Dimmi, dimmi”, mi incalzava, “Ercolino ha dormito alla visione dell’’Eclisse’?”. La risposta era questa: “Ha dormito ma si è destato alla sequenza finale che dura venti minuti. Una sequenza senza parlato né musica”. “Avrà pensato che il film era finito?”, e giù a ridere e a ripetere: “Ma che simpatico, che divertente…”. L’avrei mandato in estasi evocando altre pennichelle illustri; ad esempio, al controllo del montaggio della “Dolce vita”, si appisolò persino il produttore Angelo Rizzoli, il vero, il senior. Riferii a Visconti che il sonno durante le “prime” era – tesi di Ennio Flaiano – una variante della ipnosofia, utile all’apprendimento delle lingue. “Va bene, va bene”, ribatteva Luchino, “purché non si dorma ai miei spettacoli”. Per le sue regie, Visconti pretendeva uno statuto speciale; un favore che Patti non poteva concedergli, pur contraccambiando simpatia e stima. Il pisolino è diventato un’importante conquista grazie allo scrittore siciliano che ne teorizzava la liceità. Scrittore affermato, amava frequentare i festival dai quali tornava con deliziosi elzeviri, amabili ritratti di attori e attrici. Il sonno si accordava con un buon giudizio sull’opera rappresentata; se gli veniva il dubbio di averla sottovalutata con lunghe parentesi di veglia, chiedeva una seconda visione, con un supplemento di dormita. Il sonno lo rendeva indulgente con recensioni di facile comprensione. Per divertimento, Mario Soldati si attribuì questa inclinazione al sonno dalle pagine dell’”Europeo”, articolo che suscitò lo sdegno di Ercolino Patti che voleva essere l’unico titolare dell’”addormentato”, blasone cui non voleva rinunciare. Lo scippo di Soldati provocò la reazione furiosa dello scrittore siciliano che rivendicava il titolo del “più grande critico dormiente”. Al termine di una discussione divertente, Soldati ammise la sua slealtà. L’unica volta che il celebre critico dormiente riuscì a vedere a occhi aperti un film fu a Cannes, nel 1964. Si trattava della pellicola brasiliana “O pagador de promesas”, palmares di quell’anno sebbene bruttissimo. Patti, inviperito, mi chiese: “Che musa è il cinema?”. Risposi: “L’ultima”. Ed Ercolino pronto: “Se lo merita!”. Il sonno era per Visconti (che lo invocava per gli altri autori) una “deriva di destra”, una forma di fascismo se toccava  a un suo spettacolo. Come si poteva darsi in pasto a Morfeo alla messa in scena del “Guardiano” di Harold Pinter, autore che lardella i suoi testi di inquietanti silenzi ma che Visconti rendeva roboanti quasi fossero drammi di Tennessee Williams? Quando riferii a Patti i rimproveri del famoso regista, replicò: “Vorrà dire che mi appenderanno come un bue a piazzale Loreto”. Nella raccolta dei suoi scritti teatrali dal titolo “Lo spettatore addormentato”, Ennio Flaiano precisa: “Nel passaggio dallo stadio di veglia al sonno, la rappresentazione o la melodia o il dialogo si liberano da ogni scoria, diventano liquidi celestiali… i sensi ricevono come un indimenticabile e personale messaggio. In quegli istanti abbiamo lo spettatore perfetto, unico, ideale”.
MAURIZIO LIVERANI