POLEMICHE PREFABBRICATE

di Maurizio Liverani

“Ah no, io certo non vado con Pietro Grasso. Non sono certo uno che si mette a rincorrere le figurine”. Così ha risposto Bruno Tabacci, ex Dc e ex Udc, dal 2013 presidente de il Centro democratico, al “Corriere della Sera”. Annotando, tra l’altro, che le prossime elezioni politiche saranno una sfida a due tra il centrodestra e il M5s. Per vederci chiaro in questo garbuglio di presunzioni non giustificabili, di intrighi che si snocciolano uno dietro l’altro bisogna rivolgersi a quello che, apparentemente, è un personaggio secondario di questa faida immonda inscenata dai politici italiani. Figure oppresse da spaventosa confusione; chi accarezzava l’idea che il Paese, dopo l’approvazione della legge elettorale, sarebbe entrato in una fase in cui la fiducia poteva farla da padrone rimane con un palmo di naso. Con un garbato diniego, Angelino Alfano, già ministro degli Interni e figura emergente (si fa per dire) nel rettangolo di Montecitorio, rinuncia alla sua candidatura, seguita probabilmente da altre figure sbiadite come Giuliano Pisapia che ambiva a diventare presidente del Consiglio. “Contro i bersaniani”, precisazione più volte ripetuta. A Milano, Pisapia era diventato il dittatore del gusto, amato da molti e temuto da altrettanti, suggerendo un putibondo avvenire pregno di speranza per la nazione. Intanto, con candido cinismo, la mafia lardellava di morti la trinacria. Nel momento in cui tutti i personaggi autodefinitisi rappresentativi del Paese trovavano rampini per risalire dal pozzo di indifferenza in cui erano precipitati; si spalancava una notte dei lunghi coltelli, stroncature su stroncature. Pier Luigi Bersani nel video sembra un cantastorie, illudendosi di poter diventare la nave scuola della nuova sinistra. Purtroppo qualsiasi cosa faccia, i delicati appelli che esprime sembrano usciti da una bronzea faccia tosta; si rivolge a un immaginario popolo della sinistra che attende lumi da un messia. Sempre a caccia di pretesti antirenziani, quasi involontariamente, nascondendo dietro le sue esaltazioni asti e rancori, ha dato a questo popolo ulteriore sconforto. La sola cosa che gli interessa è di provocare, rovesciando accuse non ben precise, il suo più acceso avversario il quale va dritto per la sua strada insensibile al lagno, divenuto ormai “sigla” da porre “in calce” ad ogni intervento di Bersani che, con la sua psicologia applicata all’accattonaggio politico, ingigantisce il tasto della vanità dell’oppositore, facendo balenare nella mente del destinatario futuri ricatti. Le cose vanno come vanno; si potrebbe anche fare un sogno: che alla fine tra Pier Luigi e Matteo si arrivi a un “embrassons nous”. Su questi rancori suscitati ad arte, profittatori hanno eretto le loro fortune.

Maurizio Liverani